Sette anni di lavoro e pochissima tecnologia
Ci sono voluti 7 anni per realizzare Nel paese delle creature selvagge, 7 anni per essere sicuri di poterlo fare e poi per produrlo. Un tempo lunghissimo che ha implicato anche che il regista Spike Jonze si trasferisse a Londra negli uffici della Framestore per stare ogni giorno a contatti con i tecnici che lavoravano alla creazione del look and feel delle creature e assicurarsi che, nelle sue parole, "queste creature avessero un cuore e un'anima".
Alla fine la soluzione è arrivata grazie al lavoro (premiato con l'Oscar) fatto su Il curioso caso di Benjamin Button, cioè quella particolare maniera di utilizzare la tecnologia di motion capture, che ha spinto in avanti il settore mostrando come sia possibile dar vita davvero a personaggi di sintesi. Ciò non significa che le creature selvagge di Jonze siano animate in quella maniera ma che quella tecnica, integrata con molte altre, ha finalmente convinto il regista che sarebbe stato possibile lavorare come voleva lui: senza green screen, riprendendo tutto in esterni e con tecniche miste che comprendessero l'uso di pupazzoni giganti in modo che ci fosse sempre qualcosa di esistente sul set con cui Max Records (l'attore che interpreta il bambino protagonista) potesse interagire. Corpo reale, volto digitale
Tutto è partito dall'idea che se Nel paese delle creature selvagge si doveva fare (e la cosa non era affatto scontata) si sarebbe fatto in esterni e con pupazzoni giganti a fare le creature, perchè dall'ambiente reale e dall'interazione con creature che sono percepite come esistenti doveva derivare tutta l'emotività. Questo ha reso da subito impraticabile l'idea di realizzare tutto al computer. L'animazione digitale infatti è stata veramente poca, limitata a quei ritocchi espressivi impossibili da raggiungere altrimenti (per dettaglio e raffinatezza), per la precisione occhi, labbra, denti e lingua.
Così da che doveva trattarsi di un grande film di effetti speciali Nel paese delle creature selvagge è finito per avere solo alcuni inserti animati digitalmente. Sul set infatti si girava con queste grandi creature animate fisicamente in diversi modi ma dotate di una testa dall'espressione fissa. In seguito un equivalente in CG, ma dotata di tutti i movimenti facciali catturati dagli attori che hanno dato la voce e delle espressioni corrette, è stata poi realizzata e ad essa sovrapposta in postproduzione. Il buono di questa tecnica è che la trama del pelo del viso delle creature era la medesima della maschera, i tecnici infatti lo prendevano scena per scena e lo attribuivano al modello digitale, in una sorta di mutuo capture. Inoltre non c'erano problemi d'illuminazione poichè la trama che veniva catturata e attribuita nuovamente aveva già l'illuminazione corretta, ovvero quella del set.
Molto lavoro (quasi 16 mesi) l'hanno invece richieste le rifiniture digitali utili ad assicurarsi che non ci fossero errori, intoppi o incoerenze nell'unione tra le maschere reali e i loro equivalenti virtuali ma dotati di movimento.
Infine perchè la performance avesse senso Spike Jonze aveva registrato i doppiatori delle creature prima di andare in Australia a girare. Li aveva registrati sia in forma audio che video, in modo da poter dare indicazioni in ogni momento agli attori su cosa fare, come muoversi e come reagire, perchè la voce e i movimenti combaciassero.