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Doc West: il ritorno di Terence Hill al western

Canale 5 presenta un film dal sapore internazionale, adatto a grandi e piccini.
di Nicoletta Dose

Il ritorno della pistola più veloce della sua ombra
Terence Hill (Mario Girotti) (85 anni) 29 marzo 1939, Venezia (Italia) - Ariete. Nel film di Giulio Base, Terence Hill Doc West.

lunedì 7 settembre 2009 - Televisione

Il ritorno della pistola più veloce della sua ombra
Ritorna il western in televisione. Dopo essersi assopito per qualche anno, è rinato recentemente grazie a qualche buon lungometraggio al cinema (Quel treno per Yuma e Appaloosa) e ora si riprende anche il piccolo schermo grazie al lavoro di uno dei grandi protagonisti degli spaghetti western del passato: Terence Hill. È una ricomparsa curiosa che omaggia, sì il western all'italiana di Sergio Leone, ma si apre, allo stesso tempo, a dinamiche di carattere internazionale. Presentato in anteprima al Lido di Venezia, in una conferenza stampa parallela a quelle numerose della mostra del Cinema, il film Doc West, diretto da Giulio Base assieme alla collaborazione di Terence Hill, protagonista assoluto della fiction (interpretata anche da Alessio Di Clemente, Clare Carey, Mary Petruolo, Paul Sorvino, Ornella Muti) segna una nuova fase della produzione televisiva italiana. Il film, infatti, che andrà in onda diviso in due puntate il 7 e il 14 settembre su Canale 5, non è propriamente un film tv perché presto circolerà anche nelle sale cinematografiche europee ed americane. Ed è la prima volta che un prodotto di produzione italiana oltrepassa così facilmente il confine.

Come nasce il progetto di Doc West?
Terence Hill: Dopo il personaggio di Trinità e il film Il mio nome è nessuno, avevo rinunciato a fare western ma quando la rete Mediaset mi ha contattato per questo progetto, mi sono detto "Va bene, saliamo su questo treno!". Poi mi hanno proposto di mettermi alla regia assieme a Giulio Base. Ma ci tengo a dire che è lui il vero regista, io sono stato solo un assistente.
Giulio Base: Devo fare una precisazione alle affermazioni di Terence. Anche la sua sola presenza sul set ha fatto in modo che tutto fosse realizzato in modo diverso. Per il resto, posso solo dire che mi riempie di gioia aver potuto dare alla luce a questo progetto che mi ricorda i miei sogni da bambino. Quello che volevamo comunicare, infatti, era proprio l'emozione pura e semplice di quando si beve un bicchiere d'acqua.

Nel film si sente un sapore di verità che non c'era nel grottesco degli spaghetti western. Come avete affrontato il peso dei personaggi interpretati in passato?
Terence Hill: Abbiamo cercato di non esagerare mai. Allo stesso tempo avevamo a disposizione la bellezza dei luoghi che stimolava la nostra creatività ma tutto è avvenuto in maniera naturale. L'importante era fare un prodotto che piacesse a tutti, adulti e bambini, e che potesse colpire anche il pubblico televisivo. Solo la mia fisionomia è rimasta identica a quella de Il mio nome è nessuno: ho usato lo stesso spolverino che mi aveva regalato Sergio Leone.
Guido De Angelis: Ci siamo detti che se volevamo fare qualcosa di realistico, avremmo dovuto andare in America. E così abbiamo fatto e siamo partiti alla volta di New Mexico, presso Santa Fè. Sono i luoghi dove sono stati girati Silverado e Quel treno per Yuma. Una curiosità? Il cavallo è quello usato da Banderas in Zorro e il cane è quello di The Mask. Tra l'altro, il set dove abbiamo girato è stato costruito da maestranze italiane; è l'unico, tra quelli della zona, ad aver resistito alle bufere invernali.
Giulio Base: Forse noi italiani non saremo grandi cineasti ma le costruzioni le sappiamo fare bene. Basta pensare al Colosseo che è in piedi da migliaia di anni...

Come inserite il vostro film all'interno del dibattito sul genere western?
Giulio Base: Quando Leone e i suoi epigoni hanno reinventato il cinema western americano, hanno inaugurato un genere nuovo, gli spaghetti western, che offriva un'alternativa al modello precedente. Ora, dopo decenni, il western si è uniformato ed è rimasto uno solo. Quello che abbiamo cercato di fare è stato ricondurre gli stilemi ad un western puro. Ma in America, quando scoprivano che eravamo italiani, ci chiedevano subito se stavamo girando uno spaghetti western...ci dispiaceva rispondere di no perché rimanevano un po' delusi.

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