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Giffoni round 1: vincono Spagna e Iran

Escono i bambini ed entrano i ragazzi al Giffoni.
di Gabriele Niola

I premi

domenica 19 luglio 2009 - News

I premi
In pochi l'avrebbero predetto e invece ha vinto il drammone iraniano A time to love di Ebrahim Forouzesh. La giuria dei bambini tra i 10 e i 12 anni ha deciso di non dare il grifone d'oro a nessuna delle interessanti, divertenti e ritmate commedie che hanno avuto modo di vedere per concentrarsi su un prodotto apparentemente lontano dalla loro sensibilità.
A time to love è stato seguito con un silenzio in sala inusuale per il rumoroso pubblico del Giffoni e alla fine l'unico rumore che si sentiva erano i singhiozzi. Orchestrato come una parabola matarazziana con il bambino handicappato (e quindi il diverso) che prende il posto della donna come elemento naturalmente vessato dal sistema sociale, A time to love con indubbia maestria e un tocco d'altri tempi è riuscito a riproporre con efficacia dinamiche eterne che hanno conquistato i bambini.
Molto più scanzonato e in linea con le aspettative adulte la decisione della giuria dei bambini tra i 6 e i 9 anni che ha deciso di premiare una commedia a sfondo calcistico di origina spagnola. Carlitos and the chance of a lifetime di Jesùs Del Cerro diverte, appassiona e infiamma gli animi con una storia semplice che fa sognare il bambino in ogni adulto, figuriamoci quello in ogni bambino.
Premiati poi anche i cortometraggi Fishing with Sam di Atle S. Blakseth nella sezione +6 e Il mio ultimo giorno di guerra di Matteo Tondini nella sezione +10.

Luhrmann Day a Giffoni
Bisognava starci 24 ore intere con Baz Luhrmann tanto era il suo entusiasmo e le cose che aveva da dire. E l'organizzazione c'è andata vicina. Un incontro stampa, incontro con le tv, con i giurati e una masterclass.
Il regista di Moulin Rouge e Australia ha risposto alle domande dei ragazzi e dei giornalisti, ha spiegato il suo cinema, perché faccia sempre film d'amore e come abbia iniziato, ha spiegato il flop al botteghino di Australia e ha dispensato consigli per i giovani filmaker.
Pure l'ospite "spalla" non è stato certo da poco. Raoul Bova ha infatti portato in anteprima assoluta il cortometraggio contro la pena di morte 15 secondi (che però dura 15 minuti), che oltre a lui vede la mobilitazione di un numero impressionante di attori italiani.
Oggi invece tocca alla coppia di Tutta colpa di Giuda, Kasia Smutniak e Davide Ferrario e alla masterclass di Luigi LoCascio.

La formazione spazzatura e le ondate australiane
Non ha lesinato in parole Baz Luhrmann, ha parlato di se stesso, degli altri, dell'Austalia, di Australia, di come si fanno i film e di come li ha fatti lui, sempre in maniera interessante e appassionata. Vi riportiamo alcuni highlight strappati all'inarrestabile flusso di parole del cineasta australiano.
Innanzitutto si è cominciato con la sua formazione così particolare che l'ha portato a scommettere e ridare vita ad un genere che tutti davano per morto: il musical.
"In Australia ci mandavano tutte le cose peggiori, come se fossimo una discarica. Così quando la gente scopriva la Nouvelle Vague io mi vedevo i vecchi film in bianco e nero di Hollywood. Più che altro vedevo i classici MGM e tutti quelli di Elvis, roba considerata brutta e che ci veniva venduta come brutta".
Così quindi sembra nata una delle tante "ondate" del cinema australiano come le definisce Luhrmann: "Il cinema australiano, come del resto molta parte della cultura australiana, funziona ad ondate o a grandi flash come il teatro dell'opera di Sidney, c'è stato quello e poi si sono costruite mille altre cose orrende e poi un'altra illuminazione. E così è per il cinema. Ci furono Peter Weir e George Miller con Picnic ad Hanging Rock o i primi Mad Max e anche Mel Gibson e fu un'ondata, poi nulla e poi c'è stata un'altra ondata che è stata la mia, un cinema decisamente più leggero. Ora ce n'è un'altra data da film come Samson and Delilah (che è passato all'ultimo festival di Cannes) fatto da Warwick Thornton, un mio amico e collega aborigeno".
E invece per lei i nuovi progetti quali sono? "E' vero come si dice che sto lavorando ad una versione nuova di Il grande Gatsby prodotta da Francis Ford Coppola ma non è detto che sia il mio prossimo film, lo sto sviluppando al pari di altri progetti e comunque non so ancora chi potrebbe essere il protagonista. Come per ogni grande classico mi interessa molto andare indietro e capire come sono stati fatti i precedenti".

Attenti a non definire troppo presto Australia come un flop
Ma non solo Luhrmann come persona, specialmente i ragazzi del Giffoni hanno insistito molto sui suoi film, come sono stati girati concepiti ed organizzati e sugli elementi ricorrenti del suo cinema, a cominciare dal flop commerciale di Australia, riguardo il quale Luhrmann non ha assolutamente gettato la spugna, anzi.
"Bisogna fare attenzione perché tutti i miei film hanno subito lo stesso percorso, adesso infatti anche Australia sta cominciando a fare soldi. Specialmente in Europa sta trovando un nuovo successo quindi devo dire grazie a voi. Grazie davvero per aver visto Australia, l'Italia è stato uno dei posti dove ha incassato di più".
L'ultimo film di Baz Luhrman infatti ha realizzato il 30% del suo incasso totale in America mentre l'Europa ha fatto segnare la quota di gran lunga più consistente. Cosa decisamente strana.
"Del resto Romeo + Juliet ha avuto il medesimo incasso all'apertura di Australia e Moulin Rouge, poi però sono stati scoperti più che altro in DVD. Australia è stato il primo lungometraggio non d'azione ad arrivare alla Top Ten dei film in Blu Ray. E' come se ad un certo punto si arrivasse oltre la critica e la gente comprendesse adeguatamente il film".
E' vero che la storia di Moulin Rouge in realtà viene da La Traviata? "Si, la storia di Moulin Rouge era ispirata a La Traviata ma essa stessa era presa da uno scritto di Dumas: La signora delle camelie. E anche Romeo e Giulietta non era di Shakespeare, c'era uno scritto di John Brown a sua volta ispirato da un italiano che si rifaceva ancora ai greci.
Quello che voglio dire è che le basi delle storie si ripetono, è come le facciamo che è nuovo. Il motivo per il quale rimangono universali credo sia che gli esseri umani non cambiano mai. Noi cerchiamo sempre le stesse verità, ciò che cambia è solo il modo di esprimerle".
E allora da dove parte per i suoi film? "Quando inizio un film comincio con qualcosa che devo esplorare o affrontare anche nella mia vita. in Moulin Rouge dovevo rassegnarmi a dire addio ad una vita giovane, per Australia invece vivevo con mia moglie a Parigi e quindi volevo un film attraverso il quale i miei bambini potessero riconciliarsi con le loro origini. Ma poi c'è anche sempre un rapporto con il cinema stesso, per Moulin Rouge era con il musical e per Australia con le grandi epopee". E infine un evergreen dei dibattiti su Moulin Rouge, ovvero perché usare in quel film canzoni che possono avere altre motivazioni o valori originali che divergono dal modo in cui sono usate nella storia? "Mettere pezzi come Smells Like Teen Spirit è solo un mezzo. Quando abbiamo cominciato a scrivere il film ricalcando il mito di Orfeo abbiamo capito che Orfeo ha un dono: canta e dice cose meravigliose, e quindi anche il nostro protagonista doveva parlare e dire poesie geniali. Abbiamo dunque cominciato a scriverle ma facevano schifo, e anche qualora fossero state stupende come avrebbe fatto il pubblico a capire che quello che veniva detto era importante? Ecco perchè abbiamo deciso che ogni cosa che diceva dovesse essere già significante di suo come And you can tell everybody that this is your song, la musica è la poesia del nostro tempo".

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