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Al RFF premio alla carriera per Kenneth Branagh

Spazio alla fantasia, alle immagini e alla creatività.
di Alessandra Giannelli

Il commissario Branagh
Kenneth Branagh (Kenneth Charles Branagh) (63 anni) 10 dicembre 1960, Belfast (Gran Bretagna) - Sagittario. Interpreta Kurt Wallander (3 episodi, 2008) nel film di Philip Martin Wallander.

venerdì 10 luglio 2009 - Televisione

Il commissario Branagh
Attore di cinema e teatro, regista e anche produttore, irlandese (di Belafast), classe 1960, Branagh ha al suo attivo tante di quelle interpretazioni (celebre quella teatrale del "Riccardo III" per la quale ha ricevuto numerosi riconoscimenti, ma anche dell'Enrico V per il grande schermo: due nomination agli Oscar; tra tutti poi Molto rumore per nulla) da far impallidire chiunque, soprattutto per la sua eccellente capacità recitativa. Attualmente impegnato in una miniserie presente al RFF, Il Commissario Wallander, riceve oggi al festival di Roma, dopo due anni di "rincorsa" fanno sapere, onori e meriti con un premio per la sua impegnata attività. Accolto dalla stampa con enorme interesse sia per la serie in visione al festival sia per l'attore, lo stesso si confessa affascinato da questa città e dichiara che, in un film, alle parole preferisce le immagini: affermazione da grande artista. Accanto a lui, alla conferenza, il produttore Andy Harris, che rivela di avere in serbo il sequel del Commissario Wallander, sempre, dice timidamente, se Branagh sarà disponibile, attingendo ancora dai dieci romanzi dello scrittore svedese Henning Mankell.

Cosa pensa dei festival come il RFF?
Branagh: Il mondo della tv sta cambiando velocemente e festival come questi sono importanti per far incontrare il cinema e la televisione, si permette uno scambio. Soprattutto servono a far vedere come il panorama è diverso.
Harris: Wallander è un esempio dell'incontro tra cinema e tv ed è stato visto da milioni di telespettatori. Abbiamo cercato di realizzare piccoli film di cinema per la tv; spesso, infatti, un film rimane nelle sale poche settimane ed è visto da qualche migliaio di persone, mentre alla televisione è diverso. Questi festival sono davvero molto importanti.
Quali opportunità offre la tv ad un attore come lei?
Il mio coinvolgimento in Wallander ha a che fare con l'entusiasmo e la passione nell'aver letto i romanzi di Mankell. Di lì un interesse grande e la possibilità di creare, di forgiare il personaggio che mi ha molto appassionato. Sentivo che c'era libertà nel farlo. La produzione è, quindi, partita dal materiale e poi ha saputo creare, anche attraverso un'ottima sceneggiatura. Parliamo di un personaggio che piace molto al pubblico per le sue doti investigative e che offre anche spunti di riflessione.
Che ne pensa del doppiaggio italiano?
Branagh: È fantastico, sembra miracoloso. È una sorta di esperienza fuori dal proprio corpo.
Harris: Un poliziotto inglese, in un paese svedese che parla italiano...forte.

Cosa pensa della difficoltà di trasmettere in tv opere teatrali?
Branagh: In Inghilterra abbiamo un programma tv interpretato da un attore che ha fatto Amleto. La BBC lo vorrebbe 'sfruttare' così, attraverso il suo talento, può parlare dei classici. In America, ad esempio, a volte le opere liriche vengono proposte al cinema, un'iniziativa che ha avuto molto successo. La cultura vive di mercato, purtroppo.
Harris: La tv, comunque, non può avere un compito in questo senso.
Insomma, che ne pensa di Shakespeare in prima serata?
Penso che si potrebbe fare, ho fiducia nelle persone. Ad esempio, in Inghilterra stanno facendo una specie di soap sui romanzi di Dickens, non per istruire per forza le persone, ma per fargli conoscere questo autore. Sta ottenendo un grande successo e si potrebbe provare anche con una soap di Shakespeare. Dove c'è la fantasia si possono abbattere le cose precostituite e si può andare oltre.
È vero che il suo prossimo film sarà un supereroe? Come lo concilia con i prodotti di qualità che ha sempre fatto?
Si, è vero, si intitola Thor. Il mio approccio ad ogni progetto è lo stesso, devo avere un interesse, deve avere una certa qualità e devo impegnarmi. Io lavoro alla radio, in teatro,. Al cinema, scelgo l'esperienza creativa al di là dell'ampiezza del progetto.

Come mai non avete ambientato Wallander in Inghilterra?
Harris: Il materiale è legato alla Svezia (esattamente alla cittadina di Ystad), non potevamo fare altrimenti. Comunque, è importante dire che il commissario ha avuto un impatto enorme sul pubblico ed è interessante vedere storie poliziesche in un ambito desueto come la Svezia.
Il suo lavoro ha risentito della crisi?
Si, tutti credo ne abbiano risentito, soprattutto il cinema indipendente e, in generale, gli investimenti fatti per il cinema, purtroppo. Si deve lavorare duramente, bisogna essere più creativi ed impegnati.
Ha interesse per i fatti di cronaca nera?
Direi di si e ho anche un progetto cinematografico in mente e spero di realizzarlo.
È legato all'Italia?
Si, molto. Sono stato a Roma quando avevo 22 anni, da solo, ma mi sentivo a casa. Passavo il tempo a passeggiare, a guardare. Mi meravigliava che ad ogni angolo ci fosse la storia. In realtà una volta sono stato colpito dalla visione di un signore che aveva un maglione di cachemire rosa e prometto che se tornerò a lavorare a Roma, me lo comprerò anche io.

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