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Dando il Blu presentato al Biografilm Festival

Arriva l'ultimo romanzo di Anna Albertano.
di Giancarlo Zappoli

Tra le pareti del Museo del Cinema

giovedì 25 giugno 2009 - News

Tra le pareti del Museo del Cinema
Come scrive Roberto Faenza nella quarta di copertina:
Conosco Anna Albertano da qualche anno, quando in occasione di uno dei suoi primi libri ho cominciato a interessarmi alla sua scrittura fuori dal coro (...) In quanto regista, poi, non può lasciarmi indifferente che proprio tra le pareti del Museo del Cinema si svolgano le pagine finali di Dando il blu, in mezzo a tanti cimeli di celluloide. Il cinema infatti è un altro protagonista della trama(...)


Anna Albertano, scrittrice piemontese, da sempre, oltre che di teatro e di letteratura straniera, si occupa di cinema. Ha collaborato a monografie dedicate a Salah Abou Seif (Fondaz.Laboratorio Mediterraneo, 2002), Claude Lelouch (Nato per sedurre. Il cinema di Claude Lelouch, Lindau, 2001), Hou Hsiao-hsien (Il dolore del tempo. Il cinema di Hou Hsiao-hsien, Lindau, 2002), Marco Bellocchio (Le forme della ribellione. Il cinema di Marco Bellocchio, Lindau, 2004), Patrice Leconte (Patrice Leconte. Un pessimista sorridente, Centro Studi Cinematografici, 2008), a diversi "Quaderni del Lumière" della Cineteca di Bologna. E il cinema spesso occupa un posto di rilievo nelle sue opere di narrativa.
Dando il blu, il suo ultimo romanzo, presentato nell'ambito dell'edizione 2009 del Biografilm Festival di Bologna, ha per trama un intreccio di biografie artistiche. Sullo sfondo delle Olimpiadi invernali del 2006, una regista teatrale e un autore di documentari si rincontrano. Torino, le sue valli, l'effervescenza di giornate particolari fanno da cornice ad una storia molto speciale, come ha scritto Evelina Christillin nella prefazione.
Una storia che a distanza di tempo inaspettatamente si ripete
La protagonista, milanese, in partenza per una trasferta all'estero, seguendo in televisione la manifestazione torinese, torna ad una storia di diversi anni prima. Attraversando in treno le montagne olimpiche, per un istante, al di là dei binari, scorge il ragazzo di allora, ormai quarantenne. Per una serie di circostanze s'intravedono e si rincorrono. Le immagini del grande evento internazionale giungono a Parigi come ad Amsterdam, dove Adele incontra registi e gruppi teatrali. Bartolomeo, intanto, rientrato a Torino per una pausa di lavoro, si sposta in montagna, a Sauze d'Oulx per seguire qualche competizione.
In un inseguimento fra treni, valli alpine e piazze affollate, dietro l'atmosfera e i colori invernali sulla neve e sul ghiaccio delle competizioni, delle cerimonie e delle feste notturne, si dipana un'altra trama, l'incontro dei due protagonisti di dieci anni prima, a metà degli anni novanta, e s'intravedono altre luci. Entrambi allora erano sulle tracce degli anni sessanta, di un'epoca in cui il teatro irrompeva nella scena cinematografica, creando spesso un senso di straniamento rispetto al mondo circostante.
Tra i risvolti di una storia che a distanza di tempo inaspettatamente si ripete, tornano atmosfere che avevano ispirato le loro prime sperimentazioni artistiche, scene teatrali e cinematografiche in cui l'immagine pareva effetto di uno sguardo dilatato da tempi della percezione, e in cui il confine tra mondo esteriore e interiore si faceva sempre più labile. Seguendo percorsi differenti, scomponendo e ricomponendo sequenze lontane, i due protagonisti tornano più volte in una pellicola che ciascuno negli anni ha rimontato secondo prospettive diverse.
Ed è a Torino, città alchemica, in profonda trasformazione, come una grande camera oscura dove si sviluppano a ritmo continuo nuove immagini, che in quei giorni rimbalza luminosa sugli schermi internazionali, dando il blu a una vecchia immagine di sé, ovvero scrollandosi di dosso quella patina di grigiore da sempre attribuitale, che ritrovano sintonie artistiche e terreno privilegiato di comunicazione fra loro.
Alla fine Adele e Bartolomeo si ritrovano al Museo Nazionale del Cinema, cuore pulsante di una metropoli dal passato denso di storia ma proiettata in avanti, in una sezione in cui nuovamente cinema e teatro si incontrano, l'illusione ottica della lanterna magica ha il fascino degli spettacoli di piazza e di corte di un tempo. Calati nella magia della settima arte dove si rianima l'inanimato, il visibile e l'invisibile si ricongiungono, realtà e proiezione immaginaria si confondono.

In Dando il blu, che sin dall'inizio corre sul filo di un costante riferimento scenico, ci si muove lungo le strade di una città segreta, da riscoprire, per sua natura curiosa, cosmopolita, attenta a ciò che accade intorno a sé, ma si sconfina spesso, anche solo per brevi tratti, in spazi puramente artistici, incontrando insieme al glamour teatrale di Lindsay Kemp, brevi sequenze di celebri pellicole.
Blow-up e Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, Easy Rider di Dennis Hopper, Fragole e sangue di Stuart Hagman, Velvet Goldmine di Todd Haynes, Across the Universe di Julie Taymor per citarne solo alcune, sono segnali sparsi, come tracce di sentiero nel percorso della lettura.

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