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Borderland: racconti (horror) di frontiera

Una storia vera offre la trama ideale al film dell'orrore di Zev Berman.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Si chiamava Adolfo de Jesus Constanzo
Jake Muxworthy - Vergine. Interpreta Henry nel film di Zev Berman Borderland.

giovedì 18 giugno 2009 - Incontri

Si chiamava Adolfo de Jesus Constanzo
Si chiamava Adolfo de Jesus Constanzo ed era nato a Miami nel 1962. Figlio di un'immigrante cubana che lo aveva avuto a quindici anni, era stato benedetto a sei mesi da un prete haitiano di fede Palo Mayombe e riconosciuto come "l'eletto", colui che è "destinato a grande potere". Nel 1983 era andato a Città del Messico, dove si era sostentato leggendo i tarocchi. L'anno successivo si era trasferito nel Distretto Federale, aveva reclutato due ragazzi – Martín Quintana Rodríguez e Omar Chewe Orea Ochoa – come servitori, amanti e discepoli e con loro aveva organizzato un cartello di droga, con base a Matamoros, che "proteggeva" con cerimonie occulte e sacrifici umani. Cinque anni più tardi un giovane di nome Mark Kilroy si reca con alcuni amici nella piccola cittadina di frontiera, meta di tanti studenti americani in cerca di divertimento per pochi spiccioli. Mark e i suoi compagni di college non sanno che da qualche mese, proprio nella località messicana, la polizia sta indagando sulla scomparsa di sessanta persone alle quali presto si sarebbe aggiunto anche il suo nome. La strada (perduta) della giovane vittima s'incrocia a quella di Zev Berman nell'estate dello stesso anno. Il futuro regista era andato in Messico insieme ad alcuni amici e aveva appena attraversato il confine degli Stati Uniti quando a un posto di blocco lo intimano a fermarsi. "I militari andarono fuori di testa quando videro il teschio di alligatore che pendeva dallo specchietto retrovisore" ricorda Berman. "Poi videro la zampa di gallina, le polverine magiche e tutte le altre cose che avevamo comprato a New Orleans per gioco. Fummo obbligati a scendere dal camioncino e i militari, armati di mitragliatrici, ci misero contro un muro. Volevano sapere se eravamo adepti di sette sataniche. Eravamo terrorizzati, dovemmo dichiarare che eravamo solo poveri studenti. Più tardi scoprimmo che uno studente di college era scomparso sul confine sotto circostanze sospette, e che noi c'eravamo imbattuti in un'enorme caccia all'uomo organizzata per trovarlo". A distanza di venticinque anni dagli avvenimenti, Zev Berman torna a ricordare quei giorni nel film Borderland, un horror ispirato alla storia di Mark.
Il lato oscuro dell'essere umano
Zev Barman: Ovviamente eravamo a conoscenza della storia tremendamente tragica di Mark, ma non avevamo modo di sapere come si erano svolti esattamente i fatti. Più che a rappresentare le ultime ore di vita del ragazzo, eravamo interessati a portare sullo schermo tutto quello che è girato intorno alla sua scomparsa, ovvero il culto e il mondo di Adolfo Constanzo. Dopo una lunga serie di ricerche e interviste ci è apparso chiaro che il culto era formato da un gruppo di persone credenti. Quei ragazzi credevano veramente di essere protetti dalla magia e si pensavano perciò intoccabili. Facevano riti in cui immolavano vittime sacrificali per proteggere il loro cartello. Tuttavia Borderland non vuole essere un film sull'America o sul Messico ma tenta di esplorare il lato oscuro dell'essere umano; l'orrore dei fanatici che commettono crimini terrificanti con il fuoco della fede che gli scintilla negli occhi.
La scelta degli attori
Zev Barman: In genere mi piace assegnare agli attori ruoli imprevedibili. Sean Astin (che nel film interpreta Randall, Ndr), ad esempio, mette un'energia incredibile nelle sue performance. Agli interpreti piace avere la possibilità di mettersi alla prova e esplorare nuovi aspetti di se stessi. Sapevo che Sean era un attore preparato e che potevo aspettarmi sia calore che una buona dose di umorismo dalla sua prova recitativa. Il personaggio di Randall necessitava qualcuno che riuscisse a mettere in luce la sua affabilità, il suo essere vagamente sciocco, prima che venisse mostrato il suo lato oscuro. Quando ho scelto lui pensavo che sarebbe riuscito a fare del killer un personaggio "piacevole" e avevo ragione. Aveva solo bisogno di darsi il permesso di calarsi nell'oscurità della sua persona, e lo ha fatto. Nel caso di Beto Cuevas (che interpreta Santillan, Ndr), trovavo interessante la correlazione tra l'essere una rock star e il leader di un culto "religioso", perché un musicista come lui sa cosa vuol dire avere una schiera di ammiratori. Usando la sua esperienza come artista ha potuto approfondire questo aspetto di Santillan, un personaggio segnato dal dualismo. È sensibile e intelligente, ma anche senza radici; è un animale. Beto non è un attore esperto ma questo è stato un bene perché aveva una naturale e totale paura di scovare dentro di sé certi aspetti. E poi la camera lo ama. È un interprete molto convincente.

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