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Davanti agli occhi: la vita oltre il dramma

Intervista a Vadim Perelman, l'acclamato regista de La casa di sabbia e nebbia.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Un regista votato alla letteratura
Uma Thurman (Uma Karuna Thurman) (53 anni) 29 aprile 1970, Boston (Massachusetts - USA) - Toro. Interpreta Diana McFee nel film di Vadim Perelman Davanti agli occhi.

lunedì 29 dicembre 2008 - Incontri

Un regista votato alla letteratura
Con una vita come la sua Vadim Perelman avrebbe potuto tranquillamente attingere dalla propria biografia per esordire al cinema come regista. Nato a Kiev, in Ucraina, nel 1963, si trasferisce con la madre prima a Vienna e subito dopo in Italia in attesa di un visto che gli avrebbe permesso di prendere il volo per il Canada. Dai quattordici ai sedici anni vive letteralmente per le strade di Roma finché non arriva la sospirata green card. Solo molto tempo più tardi, dopo una tumultuosa adolescenza, Vadim sceglie di concentrarsi sugli studi e opta per il cinema fondando qualche anno dopo la Canned Films. Il suo esordio come regista avviene nel 2003 quando adatta per il grande schermo il romanzo di Andre Dubus III "La casa di sabbia e nebbia". In occasione dell'uscita dell'opera seconda, Davanti agli occhi - trasposizione di un romanzo di Laura Kasischke - abbiamo raggiunto telefonicamente Vadim Perelman.

Perché pensi che attori del calibro di Ben Kingsley o Uma Thurman abbiano scelto di lavorare con te. Ti consideri un regista fortunato?
Sicuramente gli attori e i tecnici con i quali ho lavorato finora hanno scelto di partecipare sulla base di una buona sceneggiatura, non certo perché sono celebre. E ti dirò di più, visto che lavoro con budget relativamente bassi, hanno persino dovuto ridurre il cachet che prendono di solito. James Horner, che considero uno dei migliori compositori in circolazione ha praticamente lavorato gratis al primo film. Per la colonna sonora di Davanti gli occhi gli ho dato l'aumento, da un dollaro sono arrivato a pagarlo dieci. Tuttavia, proprio perché il materiale era eccellente, tutti si sono dimostrati entusiasti e hanno dato molto di più di quanto non gli fosse richiesto. Ricordo che stavo girando l'ultima scena de La casa di sabbia e nebbia - in cui Jennifer si trova sul tetto della casa, sotto la pioggia - quando James, che viveva a pochi chilometri, mi ha raggiunto sul set. Eravamo io e lui sul tetto, io che facevo le riprese e lui che mi stava al fianco, e a un certo punto ho notato che aveva le lacrime agli occhi. Se questa non è partecipazione!

Come hai approcciato il romanzo della Kasischke?
Nel trasporre il romanzo di Laura Kasischke sul grande schermo sono dovuto essere attento a non dare troppe informazioni. Le reazioni degli spettatori sono strettamente legate al modo in cui ognuno vive l'esperienza cinematografica. È necessario che chi guarda si lasci andare completamente senza pregiudizi o scetticismo. Uno dei tanti livelli del film affronta la questione del cosiddetto effetto farfalla, ovvero che una piccola (o grande) variazione può produrre una variazione ancora più grande nel comportamento a lungo termine di un sistema. Anche un minimo gesto può essere decisivo nella vita di una persona. È qualcosa su cui ho riflettuto spesso. Ricordo che io e mia madre eravamo in Italia, in attesa di un visto per un'altra destinazione e a un certo punto ci è pervenuto persino un invito di asilo dal Sud Corea e stavamo quasi per accettarlo. Ripensandoci non posso fare a meno di immaginare come sarebbe andata la mia vita se ci fossimo trasferiti là.

La casa di sabbia e nebbia aveva molti elementi biografici in comune con te. Cosa ti lega a Davanti agli occhi?
Rispetto alla mia prima regia in questa opera seconda ho trovato decisamente meno connessioni con il romanzo di provenienza. Voglio dire, ne La casa di sabbia e nebbia tutti i personaggi - e intendo letteralmente tutti - avevano qualcosa a che fare con me. Mi sono riconosciuto nella storia di Kathy (Jennifer Connelly), del colonnello Behrani (Ben Kingsley) ma anche del vice sceriffo Lester Burdon. Tutti avevano degli aspetti che mi rappresentavano. Quanto a Davanti agli occhi, l'elemento che mi accomuna alla trama del libro è l'amore per la vita.

Qual è stata la difficoltà maggiore nel trasporlo?
Il romanzo di Laura Kasischke utilizza tantissime metafore, è scritto in maniera poetica, l'intera novella sembra essere una canzone sulle due ragazze protagoniste, perché vedi in realtà l'autrice è una poetessa e "Davanti agli occhi" era una delle primissime cose che scriveva in prosa. Di conseguenza la parte più difficile nell'adattarlo per il cinema è stata proprio cercare di mantenere la stessa ambientazione evocativa e onirica del romanzo. Era importante che le sequenze ambientate nel futuro non fossero fiabesche, irreali, sfocate. Ad ogni modo sia la tecnica che la forma narrativa tengono conto di un concetto temporale importante al punto che nella sceneggiatura originale il personaggio interpretato da Uma Thurman è chiamato Now (Ora) e quello di Evan Rachel Wood Then (Allora).

La tua opera seconda non è sulla strage in una scuola, ma tutto parte da lì. Che ne pensi dei due film che sono stati realizzati sulla sparatoria al Columbine?
Non ho visto il documentario di Moore ma il film di Van Sant sì. Ero curioso di vedere come aveva trattato l'argomento e sebbene mi sia piaciuto moltissimo il modo in cui è stato girato, ho apprezzato meno la prova attoriale. Tuttavia non sono un cinefilo e soprattutto quando lavoro a un film cerco di non vederne altri per non lasciarmi influenzare. Quando è uscito La casa di sabbia e nebbia la stampa ha scritto che una scena - quella in cui Jennifer Connelly è sul pontile circondata dagli uccelli in volo - era la copia carbone di una scena di Requiem For A Dream. Io continuo a pensare che non sia così.

Uno dei momenti più toccanti del film è la lezione del professor McClood
La figura del professore era molto importante in quanto entrambe le ragazze, Diana e Maureen, sono state allevate da madri single e lui rappresenta in qualche maniera la figura sostitutiva del padre. Davanti agli occhi è un film che esplora l'universo femminile e ci tenevo che ci fosse anche un personaggio maschile positivo.

So che il direttore della fotografia dei fratelli Coen, Roger Deakins, ti è stato di grande aiuto al tuo debutto. Come è stato lavorare con Pawel Edelman?
Con Roger mi sono sentito come un figlio che impara dal padre a nuotare. In realtà lui mi ha proprio buttato nell'acqua e mi ha detto "nuota". Per fortuna sono uno che impara alla svelta. Con Pawel (Il pianista, Ray, Oliver Twist, Tutti gli uomini del re, ndr) ho lavorato in maniera completamente diversa e da lui ho imparato cosa significa la parola "collaborazione". Si è instaurato un rapporto molto forte tra noi al punto che spesso ci scambiano per fratelli. Con lui non ho avuto paura di sbagliare perché è sicuramente più indulgente di Roger.

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