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James Bond, eroe nei decenni

Daniel Craig fa Bond per la seconda volta in Quantum of Solace.
di Pino Farinotti

La saga dell'agente 007 è alla 22esima puntata dal 1962
Daniel Craig (56 anni) 2 marzo 1968, Chester (Gran Bretagna) - Pesci. Interpreta James Bond nel film di Marc Forster Quantum of Solace.

lunedì 3 novembre 2008 - Focus

La saga dell'agente 007 è alla 22esima puntata dal 1962
Ian Fleming creò James Bond nel 1953, col romanzo Casino Royale. Fleming era un giornalista importante, scriveva per la Reuter e sul Times. Inoltre era inserito nell'ambiente dei servizi segreti. Aveva dunque accesso a informazioni e a storie che erano per pochi. Usò bene quel privilegio. Inventò un personaggio, un simbolo che, esasperando (di romanzi e di film trattasi) i caratteri e i contenuti, si impose a tutto il pubblico di quell'epoca, a partire dai primi Sessanta, quando i libri diventarono film. Un pubblico "opposto", se è vero che quella era la stagione di un diffuso benessere occidentale ma anche quella del cambiamento, che già dava segnali che sarebbero diventati prepotenti verso la fine del decennio. Nel 1962 l'agente 007 approdò dunque nel cinema. Come si dice - e mai formula fu più veritiera - nasceva una leggenda. Io stesso sarei stato un adepto, devoto, di quei libri e di quei film. Il '62 è l'anno della crisi di Cuba, dell'Algeria indipendente, dell'Italia del boom. Ed è la stagione di Lawrence d'Arabia e del Sorpasso, e di Agente 007 licenza di uccidere, il primo "Bond", appunto. I romanzi di Fleming avevano all'inizio pochi lettori. I film, come detto, li rilanciarono in modo esponenziale. Lo scrittore inglese fece in tempo a vederne soltanto tre, morì infatti nel '64, a 58 anni. Scrivendo il suo ultimo, Al servizio di Sua Maestà, giocando fra realtà e fiction, citò l'attrice svizzera Ursula Andress, avvistata in un certo ristorante, che era stata protagonista del primo "007", dove si era fatta conoscere dal mondo, con un bikini neppure troppo succinto, su una spiaggia dei Caraibi.

Mi chiamo Bond
I produttori Saltzman e Broccoli fecero un casting. Si presentò questo Sean Connery, un trentenne più vecchio dei suoi anni. Quando uscì dall'ufficio i due non erano del tutto convinti, si affacciarono alla finestra, lo videro in strada. Broccoli disse "Però, cammina proprio come Bond". Lo presero. Il modello-Connery rimase, e rimane, insuperato. Moro, occhi scuri, capelli (posticci) lisci, alto e atletico naturale, senza palestra. "Mi chiamo Bond, James Bond". È un suono rituale, un sortilegio. Duro come il diamante se di fronte c'era l'antagonista. Soave come il cavaliere di una chanson des gestes se c'era lei. Il Bond dei romanzi era eroe normale, diciamo così, il cinema, che per sua natura deve accentuare, ne fece un supereroe, perenne salvatore dell'umanità. Le storie cartacee erano (quasi) convenzionali spy story, al cinema divennero catastrofi nucleari, ecologiche, economiche con inserti fantasy. Il primo segnale dell' evoluzione lo troviamo in Goldfinger, "il titolo assoluto", almeno io lo ritengo tale, fra tutti quelli della serie. Nel romanzo è previsto l'assalto a fort Knox col bottino di lingotti che sarà trasportato in treno. Nel film l'idea dell'antagonista Goldfinger è di far esplodere un ordigno nucleare nel caveau per rendere l'oro "inutilizzabile" per 98 anni, determinando così una caduta verticale dell'economia. Funziona meglio il cinema, non c'è dubbio. Goldfinger presenta must eterni. Come l'Aston Martin dotata di quegli accessori particolari, i cannoncini e il seggiolino catapulta. Inoltre in quel film Bond fa la conquista più preziosa, una vera medaglia. Seduce Honor Blakman, caposquadriglia aerea coriacea, e lesbica. Connery era Bond e lo sarebbe sempre stato. La produzione dovette naturalmente evolversi col tempo. Sean invecchiava e non aveva più voglia. Dopo l'intermezzo insignificante dell'australiano George Lazenby, fu la volta di Roger Moore, biondo e compassato, un surrogato elegante, uno da 6 e mezzo. Tenne comunque viva la serie, grazie soprattutto a trucchi ed effetti speciali.

Ritorno all'antico
La produzione tentò la carta del ritorno all'antico, alla spy senza fantasy e astronavi, e prese Timothy Dalton, fisionomica molto vicina al Bond letterario, eroe normale. Dalton era bravo e aveva fascino, ma il pubblico aveva ormai negli occhi movimenti troppo veloci e nelle orecchie decibel troppo alti. Il botteghino sconfessò Timothy. E così arrivò Pierce Brosnan. Di nuovo effetti speciali, esplosioni nucleari, rincorse immani a salvare l'umanità. Bond-Brosnan, irlandese, era comunque un agente di solido appeal, conciliava un'eleganza tradizionale britannica con le attitudini del supereroe, solo che su quel versante aveva perso pezzi di esclusiva. C'erano degli omologhi, altri "super", come Seagal, o Willis, o il Cruise di Mission Impossible, o Batman addirittura. Alla soglia dei cinquant'anni e registrata una flessione al botteghino, la produzione ha sostituito Pierce con Daniel Craig. Un'evoluzione quasi traumatica, perché il biondo quarantenne doveva aderire alla tendenza della nuova utenza del cinema, i giovani della play station, gli aspiranti tronisti, gli adepti del wrestling e dei cellulari ultima generazione. Se amavo Connery, non può piacermi Craig, un "palestrato-tamarro". Certo può indossare lo smoking ma è come se glielo avessero prestato, può sfoggiare umorismo, ma è come se glielo suggerissero.
Conosce il Dom Pérignon, ma Connery ti diceva l'annata. Ecco dunque Quantum of Solace, il 22esimo "Bond". Da Licenza di uccidere è passato Kennedy, il Vietnam, il '68, la striscia di Gaza, la caduta del muro, Wojtyla, il Golfo, le Torri, l'euro, i media devastanti. Quasi mezzo secolo di storia veloce. E l'agente 007 sempre lì, ad attraversare.

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