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Toni Servillo e Carlo Verdone a confronto

La poesia bassa ironica e malinconica di Verdone e i personaggi disperati di Servillo danno vita a un'efficace "incontro d'autore".
di Gabriele Niola

Il principe e il pirata
Toni Servillo (65 anni) 25 gennaio 1959, Afragola (Italia) - Acquario.

lunedì 27 ottobre 2008 - Celebrities

Il principe e il pirata
Separatamente e senza saperlo entrambi avevano espresso il desiderio di fare il loro "incontro d'autore" con l'altro, entrambi si ammirano (anche se per motivazioni diverse) e entrambi sono tra gli attori migliori del nostro cinema.
Uno è Carlo Verdone "il comico più di successo dagli anni '70 ad oggi", come l'ha definito il curatore della serata Mario Sesti, e l'altro è Toni Servillo, capace nell'ultimo anno di essere presente nei due più importanti film italiani con ruoli determinanti. Hanno scelto l'uno scene dai film dell'altro che amano particolarmente e che ritengono emblematiche della sofisticatezza attoriale del collega e le hanno commentate per il pubblico intervenuto.
Il risultato è stata una serata che ha incredibilmente coniugato la poesia "bassa", ironica e malinconica di Carlo Verdone ai personaggi rudi, titanici e "alti" di Toni Servillo, all'insegna di una contaminazione che ha spiegato benissimo il protagonista di Il divo: "La forza di quest'incontro sta in come un comico possa raccontare attraverso la comicità zone profonde di disperazione e come alle volte un ruolo disperato possa essere efficace attraverso piccole zone di comicità".

Verdone guarda Servillo
Le scene che Carlo Verdone ha scelto tra quelle che più ama di Toni Servillo provenivano da La ragazza del lago (il primo dialogo con il ragazzo subnormale), Gomorra (il momento in cui l'apprendista lo abbandona), L'uomo in più (il dialogo a tavola con l'agente e la confessione finale in tv), Il divo (il monologo di fronte alla macchina da presa) e da una straordinaria ripresa per la Rai fatta da Paolo Sorrentino dello spettacolo allestito da Servillo sul testo di Sabato Domenica e Lunedì.
Subito il comico ci tiene a spiegare la difficoltà di queste scene: "Recitare con una partner eccezionale come Anna Bonaiuto, che spesso è accanto a Toni, è come un match a tennis perchè hai uno che ti tira bene una palla e tu pure la devi mettere bene e più la giochi angolata meglio viene" subito si inserisce Servillo con tono scherzoso: "Si è vero, mi piace così tanto lavorare con Anna che quando mi hanno detto di fare un prete ho chiesto se poteva fare la madonna!".
Ma più nel dettaglio secondo Verdone la forza di Toni Servillo è "nei piani di ascolto [quando si viene inquadrati mentre si ascoltano le parole di un altro ndr]. Per me il miglior attore possibile è quello che riesce a sostenere un piano di ascolto, perchè in un attimo si diventa un sacco di patate. Ci vogliono piccoli movimenti centellinati che non rendono statica la tua presenza, ed è difficile perchè si capisce subito se stai andando in automatico o sei fai l'arte di nascondere l'arte".
Ad un certo punto un accostamento fatto da Verdone scatena Servillo: "Si sente molto quell'impostazione tipica del teatro d'avanguardia di metà e fine anni '70 e poi c'è anche molto di Murnau, specialmente ne Il divo" - "Grazie per l'accostamento che è molto curioso e bello. È vero quello che dici ma spesso ho le straordinarie parole di Paolo Sorrentino, e proprio per la sequenza de Il divo, io davvero l'ho solo interpretata è Paolo che l'ha creata. Questa scena è arrivata in corso d'opera e quando Paolo mi chiese di interpretarla si ricordava di un monologo simile che facevo con questa stessa tecnica. È stato quindi lui a ricordarsi di questa impostazione".
In accordo con le parole di Orson Welles per Toni Servillo recitare è "come scolpire cioè togliere dal granito ciò che non serve per arrivare all'essenziale, diversamente dalla pittura che riempie una tela. Un attore deve levare il già sentito, lo stereotipo, la televisione, la radio, lo speaker, quello che dicono gli altri per arrivare ai tuoi contenuti e alla verità. Io quando approccio il personaggio sento che è più importante di me e provo quella frustrazione tipica della figura reale davanti al personaggio creato da un autore, che invece è arte".

Servillo guarda Verdone
Le sequenze scelte da Servillo per Verdone invece provengono da L'amore è eterno finché dura (la litigata con Laura Morante), C'era un cinese in coma (la serata con le prostitute), Manuale d'amore (la scena in cui si nasconde sotto al letto), Viaggi di nozze (il corteggiamento finto tra Jessica e Ivano) e Bianco, rosso e verdone (l'incomprensibile monologo finale dell'emigrante), curiosamente tutti film recenti.
Vola subito altissimo Toni Servillo: "Carlo si inserisce nella tradizione dei nostri comici con dei ruoli fissi come faceva in televisione (quando io lo scoprii) dove c'era molto mimetismo e molta umanità. Attraverso la maschera fissa riesce a mettersi in relazione con il pubblico perchè recita con un super pubblico all'interno di se stesso cercando dentro una reattività ai personaggi che inventa, così che possa creare un noi non imponendo se stesso ma muovendosi sul personaggio e sempre accompagnandolo. Un equilibrio che fa sì che anche in una scena comica che racconta un conflitto si generi una comicità per niente pesante che non ostacola il racconto".
E Verdone non può che concordare notando poi le molte somiglianze tra loro due: "Dicono che siamo diversi ma è solo apparenza, in realtà entrambi amiamo osservare il dettaglio e la gestualità delle perone, i tic e le fragilità. Poi abbiamo un modo diverso di renderlo ma i personaggi sono quelli. Andiamo sempre su dettagli raffinati dati dalla gestualità o piccoli movimenti del volto. Di Toni mi piace molto che a differenza mia muove pochissimo la faccia ma lo fa con un'efficacia incedibile e qui sta la sua grandezza, riesce ad ottenere tanto con poco".
Poi Servillo si sofferma molto sul fatto di essere regista e attore, direttore di se stesso e degli altri sia in teatro (come fa lui stesso) che al cinema (come fa Verdone) "È molto importante dirigere gli altri e se stesso, io lo faccio a teatro ma non lo saprei fare al cinema. Un attore/regista deve capire delle cose anche se è fuori dalla scena, quindi io per cavarmi d'impaccio dico che non sono un vero regista ma un primo violino in un'orchestra d'archi cioè uno che organizza le cose assieme agli altri attori, appunto di concerto. Tutto il necessario perchè una scena lieviti e da quell'azione emerge l'interpretazione, un coinvolgimento in atto necessario per capire qualche cosa e poi comunicarlo ad una platea e condividerlo. Al cinema invece il regista ha un film in testa prima dell'inizio e un film in tasca dopo quando va in sala di montaggio, e quindi il set è un segmento della lavorazione e io quando recito mi rendo conto di essere un pezzo di un romanzo, di qualcosa cioè controllato dall'autore. L'attore/regista al cinema deve essere capace di tenere alta l'armonia esecutiva di un testo, cioè ciò che mette in relazione l'inizio e la fine di un'opera con un apice al centro".

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