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Tropic Thunder: Apocalypse Wow

Ben Stiller realizza la parodia del Vietnam movie.
di Marianna Cappi

Sparate al soldato Ryan!
Ben Stiller (58 anni) 30 novembre 1965, New York City (New York - USA) - Sagittario. Regista del film Tropic Thunder.

martedì 21 ottobre 2008 - Approfondimenti

Sparate al soldato Ryan!
Parodia hi-budget di un war-movie hi-budget, Tropic Thunder esagera come ogni kolossal che si rispetti, solo che non si supera in retorica bensì in cattiveria e immaginazione. Nessuno sfugge alla mitraglia di Ben Stiller. Non la categoria degli agenti cinematografici, qui rappresentati da Matthew McConaughey (che ha sostituito all'ultimo Owen Wilson), comodi perditempo totalmente ignari delle reali esigenze dei loro assistiti, men che meno i produttori, crocifissi per sempre dall'incarnazione di Tom Cruise (un po' Katzenberg, un po' Weinstein brothers), imperatore del cattivo gusto e del turpiloquio costante, icona dell'ira e del potere di vita e di morte sugli abitanti del suo regno. Ma in prima linea – e spalle al muro - ci sono loro, le stars: capricciose, vanagloriose, gelose e – ciliegina sulla torta della comicità stilleriana - amaramente sprovviste di autoironia.
Il regista/interprete/coproduttore cova da vent'anni l'idea di un Vietnam movie, da quando, ai tempi in cui compariva ne L'impero del sole di Spielberg, i suoi amici e colleghi erano impegnati su Platoon e Hamburger Hill e non facevano che ripetere quanto dura e formativa era quell'esperienza. Neanche fossero stati davvero al fronte. Divertito e sconcertato dalla confusione tra guerra vera e guerra rappresentata, Stiller ha concepito le disavventure di un manipolo di super attori che vengono abbandonati nella giungla, finiscono vittime di reali trafficanti di droga che li hanno scambiati per agenti della DEA, e, nonostante tutto, non riescono a smettere di pensare e di agire come se stessero dentro un film.

Apocalypse Wow
Sono uno che interpreta un altro che recita di essere un altro", dice Robert Downey Jr. ad un certo punto e in questa affermazione c'è tutto il gioco del film e la chiave del suo sfrenato umorismo. Ben Stiller interpreta Tugg Speedman, superstar d'azione oggi in declino, che recita la parte di John Tayback "Quadrifoglio", eroe di guerra; Jack Black interpreta Jeff Portnoy, tossicodipendente e sovrappeso campione di incassi nel genere dell'umorismo scurrile, qui nei panni di un commilitone; Robert Downey Jr. è, infine, l'attore australiano premio Oscar Kirk Lazarus, noto per la sua aderenza estrema ai metodi dell'Actor's Studio, qui nei panni del sergente afroamericano Lincoln Osiris, per interpretare il quale si è sottoposto ad un trattamento chirurgico di pigmentazione della pelle (e, per inciso, non uscirà dal personaggio fino a che non avrà terminato di registrare gli extra del dvd). Il tutto all'interno di un film nel film che, in realtà, ne conta molti altri, a partire dell'eco dei trailers presentati in testa. Lungi dall'adottare caratterizzazioni superficiali, il regista e gli sceneggiatori Justin Théroux e Etan Cohen stratificano i loro personaggi lasciando appositamente che ogni strato sia portatore di senso e di memoria cinematografica, portando così in superficie un meccanismo invisibile ma più che mai sfruttato del dispositivo comico hollywoodiano.

Lezioni di cinema
Se si aggiungono il capitolo su Simple Jack - il film con il quale Speedman ha cercato l'Oscar con l'interpretazione strappalacrime di un ritardato mentale, incontrando invece un clamoroso flop (sulle ragioni del quale Robert Downey Jr. tiene una lezione magistrale, da ritagliare e incorniciare) - e la coesistenza di sequenze quali l'esibizione teatrale forzata per il pubblico di narcotrafficanti e la scena d'apertura tutta elicotteri, fumogeni, ralenti e memorie del Vietnam, la ricchezza inesauribile del progetto non può non saltare agli occhi.
Sofisticato nella regia, complesso nella scrittura, coraggioso nell'adozione di un registro perennemente sopra le righe, Tropic Thunder è lo show di un a(ut)tore maturo, per il quale non ha più senso parlare per metafore, raccontare la vanità e l'invidia professionale attraverso il mondo della moda o un universo parallelo, ma è giunta l'ora di andare dritti al bersaglio, al cuore (di tenebra) di Hollywood, per far esplodere dall'interno il genere dell'orgoglio americano per eccellenza.

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