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Riflessi di paura: immagine virtuale di un horror sudcoreano

Alexandre Aja sfrutta il riflesso di Kiefer "Jack Bauer" Sutherland per tradurre in inglese un film di Sung-ho Kim.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Ode al remake
Kiefer Sutherland (Kiefer William Frederick Dempsey George Rufus Sutherland) (57 anni) 21 dicembre 1966, Londra (Gran Bretagna) - Sagittario. Interpreta Ben Carson nel film di Alexandre Aja Riflessi di paura.

martedì 30 settembre 2008 - Approfondimenti

Ode al remake
Secondo Paco Plaza - regista, insieme a Jaume Balagueró, del terrificante [REC] - Le colline hanno gli occhi di Alexandre Aja è una delle migliori rivisitazioni cinematografiche che siano mai state realizzate. "All'interno di tutto questo caos di remake che lasciano il tempo che trovano quello di Aja simbolizza uno sguardo fresco di un film classico. Credo sia migliore dell'originale e in questo senso mi affascina", aveva detto tempo fa. A distanza di due anni dalla versione rivista e attualizzata del celebre horror di Wes Craven, il regista francese torna a confrontarsi con il remake andando a spulciare nei cataloghi del cinema sudcoreano per trovare la trama del suo Riflessi di paura che vede in azione Kiefer "Jack Bauer" Sutherland. "Cercavo un soggetto che mi permettesse di esplorare la paura in modo nuovo" ha dichiarato Aja che quando si è imbattuto in Geoul sokeuro - Into The Mirror - la storia di un detective che si ritrova invischiato in una serie di morti collegate agli specchi - ha capito di aver trovato il materiale giusto. "Tutti hanno dei rapporti con la loro immagine. Non ce ne accorgiamo neanche, ma avviene in continuazione. Alcune persone amano guardarsi allo specchio, altre odiano farlo. Gli specchi possono mostrarci i traumi e le verità che esistono nel nostro subconscio e che sono in attesa di essere rivelate", ha aggiunto il regista che è ricorso all'aiuto del fido Grégory Levasseur (Furia, Alta tensione, Le colline hanno gli occhi, -2 - Livello del terrore e Piranha 3-D, attualmente in pre-produzione) per adattare la sceneggiatura del film e trasporre lo scenario della trama originale a New York.

Vanitas vanitatum
Se lo specchio, nel mito di Narciso, rappresenta la più alta forma di compiacimento del sé e delle proprie qualità è anche vero che nel caso specifico della figura mitologica greca nasconde una condanna: innamorarsi della propria immagine riflessa nell'acqua equivale a perdere il contatto con la realtà e di conseguenza l'obiettività del proprio sé. Da tempi immemori le caratteristiche della superficie riflettente hanno alimentato diverse credenze popolari legate al tema del doppio, dell'universo alternativo e del soprannaturale. Riproducendo una copia della realtà, gli specchi sarebbero in grado di imprigionare l'anima nell'immagine riflessa al punto da non permetterle di raggiungere l'aldilà in caso di morte. A riprova di ciò, creature mostruose e leggendarie come i vampiri generalmente non riflettono la propria immagine perché mancanti di anima. Che sia negativo o positivo, il significato legato agli specchi è sempre ambivalente: nella sua superficie ci si perde e ci si riconosce, ci si ammira e ci si critica. "Gli specchi ti sfidano a guardare dentro te stesso" ha dichiarato Kiefer Sutherland. "Al di là della bellezza fisica, a livello spirituale è sempre difficile affrontare la propria immagine. A seconda di quello che vedi può risultare veramente spaventoso".

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