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5x1: Al Pacino dal Bronx

Occhi, mani e pieghe di un attore ineguagliabile.
di Stefano Cocci

Così bravo da perdonargli qualche caduta di stile
Al Pacino (Alfredo Jacob Pacino) (84 anni) 25 aprile 1940, New York City (New York - USA) - Toro. Interpreta Detective Rooster nel film di Jon Avnet Sfida senza regole.

martedì 23 settembre 2008 - Celebrities

Così bravo da perdonargli qualche caduta di stile
Inutile negare che ci si trova di fronte a un pezzo importante di storia del cinema, un attore che con il suo lavoro costituisce un termine di paragone impegnativo per chiunque intenda avvicinarsi alla settima arte. Ormai dagli anni Settanta, il 68enne Al Pacino ruba la scena, incarnando perfettamente il male corrotto dell'animo quanto l'aspirazione alla redenzione. Il suo sguardo febbricitante, le mani nervose e soprattutto le trasformazioni del suo viso hanno segnato diverse epoche di un artista profondo, capace di lavorare sul personaggio ma soprattutto su se stesso. Confrontando il suo Michael Corleone, Tony Montana e Carlito Brigante, ad esempio, si possono vedere le diverse sfaccettature della violenza, una escalation che dagli anni Settanta arriva fino a metà dall'inizio degli anni Novanta; poi, il colonnello Frank Slade, il giornalista Lowell Bergman e l'allenatore di football Tony D'Amato hanno segnato quasi una seconda fase, in cui le esplosioni di violenza metropolitana lasciano spazio all'intensità interiore, sempre pronta a divampare. Oggi dedica più tempo a progetti personali e si concede qualche concessione nel cinema di fattura più grossolana; così lo incontriamo in Tough Love al fianco di Ben Affleck e Jennifer Lopez, in Ocean's 13 e presto nel prossimo James Bond, Quantum of Solace. In questa linea più "leggera" rientra anche Sfida senza regole, in cui si ritrova sullo schermo con l'amico Robert De Niro, un film che, in un modo o nell'altro, è destinato a far parlare di sé.

Il Padrino
Un film che ha segnato la storia del cinema malgrado il terzo sequel, pessimo ma non così tanto da offuscare i primi due lungometraggi. Il Michael Corleone di Pacino è il rampollo predestinato della famiglia mafiosa, quello che sarebbe dovuto diventare "un pezzo da Novanta", per portare la famiglia nella legalità. Purtroppo, forse fedele all'adagio biblico che ricorda come "le colpe dei padri ricadono sui figli", Michael è destinato a prendere in mano le redini della famiglia mafiosa e traghettarla, prima, fisicamente da New York nel Nevada e, poi, metaforicamente, nel nuovo secolo. Un capolavoro vero e oscuro, costruito intorno alla regia di Coppola, mai così stilisticamente sobria e perfetta, una sceneggiatura solida e ineguagliabile, e le interpretazioni indimenticabili, tra cui, appunto, il Michael di Pacino, il padrino di Brando e il giovane Vito di De Niro.

Scarface
La mafia è cambiata ed è cambiato il decennio. Se Il Padrino degli anni Settanta raccontava la vecchia scuola della criminalità e un passaggio epocale a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, il Tony Montana, Scarface, è un esule cubano che vuole il proprio posto nel mondo, cosciente che per ottenerlo dovrà farsi spazio con la forza bruta. È un cambio di passo: qui la violenza è devastante e porta via con sé tutti i personaggi che, uno ad uno, cadono abbattuti da questa forza devastante. È un film che regge ancora la prova del tempo, da cui sono derivati i gangster movie che gli sono seguiti ma anche un certo filone televisivo. L'anima di questo film è il suo protagonista: Pacino cannibalizza il personaggio e, forse, ne finisce devastato lui stesso dato che, anni dopo, dovrà risolvere i suoi problemi con alcol e droga prima che questi pongano fine alla sua esistenza. Che la discesa agli inferi sia iniziata con questo film è un'ipotesi e forse qualcosa in più.

Carlito's way
Ancora un cambiamento di decennio. Questa volta il criminale ha pagato il suo conto con la società, scontato la sua pena e vuole avere una vita normale, "uscire dal giro". Lunga ed estenuante è la filmografia di questo tipo e Carlito Brigante di Al Pacino è il più classico tra i malavitosi che vogliono cambiar vita. Anche Pacino è "pulito" e pronto a riprendersi il suo posto nello star system. Ma dopo la sua lettura di genere, nessuno potrà avvicinarsi ad un personaggio così perché tutto è stato detto e tutto è stato mostrato sullo schermo: anche la barba di Al è espressiva, come i vestiti, i gesti, i capelli, gli occhi, le mani. È l'ennesimo demone urbano che tenta la risalita ma il fango da cui proviene gli impedisce di spiccare il volo.

Ogni maledetta domenica
Intrighi, scandali e piccole storie di solitudine all'ombra dello sport professionistico a stelle e strisce. Non è Wall Street ma il tanfo del malaffare che circonda il football americano è altrettanto forte. Pacino è un allenatore vecchio stampo che fatica ad ambientarsi nella nuova era dello sport superprofessionistico o, forse, è il nuovo ambiente che fatica ad adattarsi a lui. In attesa di sciogliere il dubbio resta una grande prova interpretativa di Pacino, che incarna la determinazione, la personalità ma anche la solitudine e quel particolare rapporto che si crea tra un allenatore ed i suoi giocatori. Soprattutto, il monologo finale vale da solo il prezzo del biglietto e del dvd mentre ancora oggi gli allenatori di mezzo mondo lo scrivono sulla lavagnetta degli spogliatoi per dare la carica ai propri giocatori.

Insider
Il nuovo millennio si apre per Al Pacino con questo film di Michael Mann e, almeno apparentemente, si cambia genere. Siamo sempre in bilico tra il bene e il male, c'è una guerra e, almeno all'apparenza, i cattivi sono in vantaggio. La parte del leone la fa Russell Crowe ed è indubbio che dentro Insider si consumi uno dei più grandi scontri di personalità della storia del cinema, due mostri che si confrontano ed il risultato finale non può che esaltare lo spettatore malgrado i limiti della pellicola in sé. Pacino lascia i gangster e fa la parte del giornalista idealista, non ha più la pistola ma la dialettica avvolgente e una telecamera.

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