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Will Smith, (Super)Man in black

Confessioni di un supereroe a pezzi in cerca di redenzione in Hancock.
di Marzia Gandolfi

Leggenda (in)frangibile
Will Smith (Williard C. Smith II) (55 anni) 25 settembre 1968, Filadelfia (Pennsylvania - USA) - Bilancia. Interpreta John Hancock nel film di Peter Berg Hancock.

giovedì 11 settembre 2008 - Incontri

Leggenda (in)frangibile
Era soprannominato Prince dai compagni di West Philadelphia per la grazia e lo charme con cui governava i rovesci della vita. Dopo un intervallo musicale da rapper guascone, è diventato principe nella Beverly Hills di Benny Medina, consacrandosi magnifico interprete di un cinema easy e scanzonato come il suo rap. Una presenza assoluta, sorgente di magnetismo, di carisma, di fascinazione. L'elegante e felina fisicità della sua recitazione ha sempre riscattato la qualità dei blockbuster interpretati. Un'energia fisica pronta a scatenarsi sul ring di Mann o a ridursi nella New York svuotata di Francis Lawrence. Dopo aver prestato il suo corpo alla noble art (Alì), con inusitata umiltà, e aver infranto la sua immagine "leggera", incarnando l'ultimo uomo della terra assediato e sconfitto, oggi è il super(anti)eroe (in)frangibile nell'ultimo film di Peter Berg. John Hancock, mutuato il nome del primo firmatario della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, è un supereroe alcolizzato e maldestro che combatte la sua guerra contro il mondo dentro un paio di bermuda e sotto un berretto di lana, indizi di una vulnerabilità accentuata e di una definizione poco formale del supereroe. Sopra il cielo di Los Angeles, l'eroe casual di Will Smith mette a nudo la tristezza del supereroe quanto il bisogno, toccante, che i suoi cittadini hanno di credere in lui. Una massa pullulante di criminali, una distesa di esseri umani e indifesi in cerca di protezione. Il supereroe Hancock altro non è che un mediocre costretto a diventare l'anima del mondo intero, la terribile coscienza della sua odiosa combinazione di bene e male. Un supereroe nato al cinema e mai uscito dal mondo dei fumetti, un corpo stigmatizzato dalla cattiveria della gente che lo riconosce immediatamente come diverso, come nemico. Will Smith, "benedetto" dal sogno americano di Muccino e attraversato dal ritmo swing di Mann, è ancora una volta "leggenda", è ancora una volta il dolore eroico dell'essere. È l'inadeguatezza rispetto al destino, è la difficoltà di conoscere il proprio posto nel mondo, verso cui ostenta disinteresse e dove finisce per arrivare sempre primo e prima di tutti, garantendosi la via di uscita per continuare a mettersi in gioco.

Un supereroe umano, troppo umano
Will Smith: Non avrei mai potuto rifiutare l'offerta di interpretare un supereroe alcolizzato. Se ci pensa, l'idea è geniale perché in qualche modo distrugge lo stereotipo del supereroe, andando oltre i confini del genere e puntando tutto sulle emozioni umane. Questa era un'idea che prometteva qualcosa di speciale e questo è il mio modo di valutare il successo di un'idea. Chi ha detto che un film estivo debba limitarsi alla rappresentazione dell'azione e quello autunnale occuparsi esclusivamente dell'introspezione del personaggio? Chi o che cosa ci impediva di prendere un personaggio e approfondirlo dentro un film spettacolare? Hancock è la risposta. E credo sia quella giusta.

Volare precipitevolissimevolmente
Posso essere sincero? Non mi sono divertito affatto a girare questo film. Non è esattamente un'esperienza simpatica precipitare da trenta metri di altezza. Il salto nel vuoto dalla gru è un esercizio che non raccomanderei a nessuno dei miei colleghi. Non metto in dubbio che la mia caduta libera abbia avuto un impatto incredibile sul film, tutto sembra così reale, così credibile. Nonostante i cavi e le imbracature ho avuto ugualmente molta paura, soprattutto nei giorni ventosi. Non è stato semplice lasciarsi cadere mantenendo l'espressione sicura e decisa del supereroe. Era come essere sulle montagne russe senza trenino, un'esperienza terrificante ma funzionale alle abitudini del mio personaggio. Hancock non atterra mai delicatamente dunque era necessario salire al massimo dell'altezza consentita e poi piombare giù, restituendo in quel modo la "grazia" dei suoi atterraggi. I cavi facevano il resto, bloccando la mia discesa a pochi centimetri da terra. Da brivido.

Eroi a pezzi
Il bisogno di eroi nasce con la creazione degli uomini. Tante volte nella vita può capitarci di non sapere cosa fare o quale scelta prendere, e in quei momenti vorremmo avere un esempio da seguire, qualcuno che ci spieghi come fare quella cosa e quale scelta sarà quella vincente. A livello religioso e spirituale ci comportiamo allo stesso modo. I buddisti seguono Budda, gli ebrei Mosè, i cristiani Gesù. Il desiderio di una guida, laica o spirituale che sia, è qualcosa di congenito, qualcosa che noi uomini desideriamo ardentemente. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi la strada. A volte, come in questo film, può capitare che sia addirittura un supereroe a smarrirsi e a cercare qualcuno o qualcosa che lo aiuti a ritrovarsi. Per Hancock, perennemente arrabbiato col mondo, è Ray Embrey, un uomo semplice e altruista che insegna al mio personaggio ad essere migliore. Ray diventerà il suo "maestro spirituale", colui che gli indicherà la via per rientrare nella società civile, dove riprenderà a relazionarsi col mondo.

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