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La ricetta del film Sundance

Caratteristiche dei film indipendenti, lontani dagli studios.
di Marianna Cappi

Dichiarazione d'indipendenza
Glen Hansard (54 anni) 21 aprile 1970, Dublino (Irlanda) - Toro. Interpreta Il ragazzo nel film di John Carney Once.

martedì 19 agosto 2008 - Focus

Dichiarazione d'indipendenza
Sinonimo di indipendenza, di qualità e di curiosità, il Sundance Film Festival nasce nel 1978 a Salt Lake City, Utah, sotto la sigla U.S. Festival e con la particolarità di ospitare una frequentata competizione di piccoli film regionali. Si sposta quindi nella vicina ma più attraente Park City e, nel 1984, gravato di debiti, viene rilevato dal Sundance Institute di Robert Redford, nato nel 1981 per sostenere i cineasti indipendenti. Sotto la guida di Redford, il "Sundance" - come viene comunemente abbreviato - si ammanta di prestigio e si affolla di partecipanti, divenendo un mercato chiave, per le pellicole estranee agli studios, che qui trovano una visibilità altrimenti insperata e un trampolino di lancio verso il circuito d'essai e, talvolta, anche mainstream. Per dirla con i numeri, basti pensare che le richieste di partecipazione al Sundance Film Festival sono passate da 200 film all'inizio degli anni Novanta a 2426 nel 2004. Nei sogni dei cineasti che s'iscrivono c'è il ricordo di Sesso, bugie e videotape, Clerks e Pulp Fiction, film che hanno conquistato un successo inaspettato di proporzioni enormi.
Se all'edizione 2008 dobbiamo, per ora, dati i tempi, i modi e gli arcani della distribuzione, il fortunato In Bruges e l'italiano Riprendimi di Anna Negri, molti di più sono i titoli che hanno raggiunto le nostre sale dopo essere decollati da Park City nel 2007: Away from her – Lontano da lei di Sarah Polley con Julie Christie, il musical Once, il thriller Joshua, La famiglia Savage con Laura Linney e Philip Seymour Hoffman, e il recentissimo (per noi) Grace is gone, esordio dello sceneggiatore Jim Strouse e portentosa prova d'attore di John Cusack in un ruolo tanto insolito quanto difficile.

Una patina d'autenticità
Necessità o virtù, la dichiarata indipendenza di un film si misura innanzitutto nella sua estraneità al finanziamento e al supporto delle majors, tanto che spesso la pellicola arriva al termine del montaggio senza possedere ancora una garanzia di distribuzione ed ecco, allora, che il circuito dei festival e, più che mai, la vetrina del Sundance, diventa un passaggio imprescindibile. Eppure l'indipendenza rispetto alla grande "industria" non basta da sola a spiegare il fenomeno per cui, in presenza di alcune pellicole, è possibile affermare che si tratta di "un film Sundance" prima ancora di accertarne il pedigree. Certo non si può dire che le pellicole passate da Park City si assomiglino fra loro, dalle tragicommedie dell'assurdo di Miranda July al dramma tout court di In the bedroom non c'è opera che ne ricalchi un'altra, tutti i generi sono rappresentati e l'autorialità è più forte che mai (bastino i nomi di Todd Solondz e Todd Haynes).
Qual è, allora, il quid che contraddistingue e "crea" il prototipo del "film Sundance"? Decisamente una miscela speciale di sperimentalismo narrativo e realismo espressivo, che induce lo spettatore a recepire una maggior autenticità rispetto allo stile patinato del prodotto medio hollywoodiano.
Rompendo la narrazione classica, che esige un conflitto iniziale, un articolato sviluppo e una risoluzione finale, il film indipendente - che il festival di Robert Redford ha contribuito enormemente a sdoganare e diffondere - si permette di invertire gli addendi, di cominciare dalla fine o di incatenare una serie di episodi non necessariamente legati da un rapporto immediato di causa ed effetto. Ne escono dei quadri molto più vicini alla vita di tutti i giorni: frammentaria, confusa e non sempre munita di una giustificazione (ricordate Gummo di Harmony Korine o Buffalo 66 di Vincent Gallo?).
Nel rispetto, sempre e comunque, di una narrazione curata e finita, e dissociandosi dunque dal film effettivamente sperimentale o d'avanguardia, il "film Sundance" acchiappa il suo pubblico grazie ad una sovversiva carica di libertà, che si rinfresca ogni inverno fra le nevi dello Utah.

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