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Il genio di Einstein al Fiction Film Festival

Diretta da Liliana Cavani, la miniserie approderà in autunno sui palinsesti della Rai.
di Marianna Cappi

Einstein, icona del Novecento, diventa racconto per la tv

venerdì 11 luglio 2008 - Incontri

Einstein, icona del Novecento, diventa racconto per la tv
Reduce dal successo di pubblico e di critica dello scorso anno, Il cielo è sempre più blu, biopic su Rino Gaetano, la Ciao Ragazzi di Claudia Mori presenta quest'anno al Fiction Film Festival di Roma un nuovo racconto biografico, che punta ben più in alto: ad Albert Einstein. Icona del Novecento, genio della fisica, nome universalmente noto, Einstein, curiosamente, non ha goduto fino ad ora di grande attenzione da parte di cinema e tv, forse perché le sue teorie poco si prestano alla rappresentazione immediata e alla conoscenza divulgativa. Al contrario, è proprio spronata da questa sfida, di rosselliniana memoria, che vi si è cimentata Liliana Cavani, da sempre conquistata dai personaggi che da soli hanno compiuto una rivoluzione culturale.
La messa in onda della miniserie Einstein è prevista per l'autunno sulla Rai.

Come si è adattata, la regista cinematografica Liliana Cavani, ai tempi e al budget di un prodotto per la televisione?
Non ho mai pensato di stare facendo qualcosa di diverso dal cinema. La procedura è identica, ne sono convinta e la penso così da sempre, dal mio primo Francesco, fatto per la televisione. Fortunatamente, tanto la produzione che gli autori della sceneggiatura, delle luci e del montaggio la pensavano come me. È vero, con Il gioco di Ripley, il mio ultimo film, ho avuto due settimane di tempo in più, che non sono poche, ma quando si ha una troupe molto in gamba, come è questa, si può far tutto anche in meno tempo.

Come ha vissuto quest'esperienza il protagonista del film, Vincenzo Amato?
Lavorare con una regista donna e una produzione di donne è stato bellissimo. Sono più brave, più puntuali e più professionali di tutti gli uomini con cui ho lavorato. Certo, quando mi hanno mandato la sceneggiatura, mi sono messo a ridere: come avrei potuto, io, entrare nel personaggio di Albert Einstein? Poi Liliana mi ha aiutato molto, mi ha fatto capire che non dovevamo raccontare il "titano" ma l'uomo: un curioso, un mattacchione. Così l'ho fatto, con presunzione o con incoscienza, non so, ma mi sono divertito molto.

E Maya Sansa?
La vita sul set è stata piacevolissima, per le persone, per i tanti viaggi e perché lavorare con Liliana Cavani era un mio piccolo sogno che si avverava. Con Vincenzo, poi, si è creata subito una grande complicità, fin dai tempi della lettura del copione, a Roma. Ho amato molto il mio personaggio: Mileva è una donna di grande intelligenza matematica e di grande entusiasmo, capace di appassionarsi per le stelle come ci si può appassionare per il teatro o per la letteratura. Come tante donne, ha rinunciato ad un percorso personale, illudendosi di poter condividere per sempre quello del suo uomo, ma la vita l'ha smentita: così facendo ha rinunciato anche al fascino che aveva su di lui e l'ha perso.

Quali sono state, per lo sceneggiatore Massimo De Rita, le maggiori difficoltà in fase di scrittura?
Posso affermare che questo è stato il personaggio più difficile che ho scritto con Liliana, perché la linea della scienza non poteva venire accantonata, nella biografia di uno dei massimo scienziati di ogni tempo, ma era una materia "fredda" che andava trasformata in calore narrativo. Per questo, abbiamo deciso di puntare altrettanto sulla linea della vita privata –il lungo e doloroso rapporto con Mileva e la difficile relazione con i figli- e, non ultimo, sul rapporto con la Storia, raccontando il suo convinto pacifismo. È in questo modo che abbiamo fatto venire alla luce l'essere umano Albert Einstein.

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