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5x1: Carell, l'avvocato finito in The Office

Steve ha abbandonato una tranquilla carriera forense per la recitazione.
di Stefano Cocci

Carell, uomo qualunque, un po' mr. Bean
Steve Carell (Steven John Carell) (61 anni) 16 agosto 1962, Concord (Massachusetts - USA) - Leone.

martedì 8 luglio 2008 - Celebrities

Carell, uomo qualunque, un po' mr. Bean
Steve Carell porta sfiga? È la domanda che molti sembrarono porsi tra la fine del XX all'inizio del XXI secolo quando partecipò a diverse serie tv che ebbero il pregio di durare pochi episodi. Si trattava di Over the Top (che però chiuse dopo 4 episodi), Watching Ellie terminato all'inizio della seconda serie dopo che il suo personaggio era stato "promosso" ospite fisso, e Come to Papa che durò solo 4 episodi. Dopo questo inizio "travolgente", la cattiva sorte volge il proprio sguardo altrove (Ellen DeGeneres? Keanu Reeves? Difficile rispondere) e la svolta professionale arriva con la sitcom della NBC The Office. Da questo momento è una escalation continua, che culminerà con il film di Woody Allen, Melinda e Melinda e nel prossimo Agente Smart, in cui Carell rinverdisce i fasti dell'omonima serie tv degli anni Sessanta ideata da Mel Brooks, nei panni di un analista di un'agenzia di spionaggio che diventa all'improvviso un agente operativo. Lì ne combina di tutti i colori, dissacrando il mito di James Bond e di Jason Bourne. Steve Carell si può considerare come una delle migliori spalle comiche attualmente in giro, oltre ad un eccellente sceneggiatore, come ha dimostrato la sua partecipazione alla stesura di 40 anni vergine.

40 anni vergine
Nei panni di co-sceneggiatore Steve Carell entra nel fantastico mondo di Judd Apatow, il nuovo guru della commedia a stelle e strisce, volgare al punto giusto ma soprattutto il giusto "mainstream" per catalizzare l'attenzione di media e pubblico orfano di American pie. Carell è Andy Stitzer, placido quarantenne con il problema che suggerisce il titolo. Riusciranno i colleghi di lavoro a mandarlo in metà? Se ci riusciranno o no ve lo lasciamo scoprire in una prossima proiezione, quello che è immancabile è l'aria svagata e imbranata di Carell che si presta ad ogni tipo di esperienza che possa fargli perdere la verginità.

Agente Smart
È "l'epic movie" anti-Bond. Mentre abbondano pellicole che cercano di sfruttare l'effetto Pirati dei Caraibi o dell'horror giapponese alla The Ring o delle battaglie alla 300, Carell si presenta con l'adattamento cinematografico di una fantastica serie degli Anni Sessanta, che si faceva beffe dei film di spionaggio alla "Bond, James Bond", ideata da quel geniaccio di Mel Brooks. Un recupero che da solo vale la medaglia al valore, soprattutto per la scelta della Hathaway come compagna di sventure, dopo che la bella Anne aveva dimostrato di avere i giusti tempi comici già in Il diavolo veste Prada. Ne viene fuori un film che cita la serie tv – ma non solo quella di Brooks – e in cui la trama è una scusa per le gag di Steve Carell, qui novello Jerry Lewis, dalla faccia e, soprattutto, il corpo di gomma.

Una Settimana da Dio
Dopo la partecipazione alla pellicola di Shadyac, Steve Carell fu scelto per lo sfortunato Un'impresa da Dio. Quest'ultimo non ha nulla della forza dirompente del primo film con Jim Carrey, protagonista nei panni di un anchorman fallito che sfida Dio a saper fare meglio di lui con i suoi poteri ultraterreni. Carell era il rivale a cui Carrey, in pieno delirio da onnipotenza, incasina il cervello e la voce. Toccato, così, dall'afflato divino, sarà pronto per la successiva avventura nei panni di un novello Noè. Forse era meglio fare del primo capitolo un'esperienza unica come, del resto, dimostra di essere nella prima ora e un quarto di proiezione, una sequenza di scene indimenticabili; però, come sappiamo, la preveggenza non è dono umano.

Little Miss Sunshine
Dopo l'alternanza di successi a sostanziali flop al botteghino, qualcuno ha iniziato a domandarsi sulla natura del talento di Steve Carell. Alcuni sostengono sia un comico in grado di tenere sulle sue spalle un film. Ahimè, non abbiamo tante prove in tal senso, ad eccezione di 40 anni vergine. Altri, la maggioranza, affermano che si tratti di un grandissimo comprimario, capace di caratterizzare, con pochissimi tratti di penna o, meglio, di goffe faccette, un personaggio e renderlo indimenticabile. È il caso del gioiello di Jonathan Dayton e Valerie Faris, in cui Carell è lo zio laconico che ha tentato il suicidio e che ritrova la parola giusto in tempo per darci la sua lettura agrodolce delle avventure capitate alla famiglia con il pulmino giallo. È un piacere ammirare le sue faccette di tre quarti, sui sedili posteriori del Volkswagen mezzo disastrato, mentre commenta, con una piega del volto, le stupidaggini partorite dalla mente dei familiari.

Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy
La guerra dei sessi in salsa televisiva ambientata nella California degli anni Settanta è la scusa per mettere in piedi un cast di comici straordinari capaci di tirar fuori scene indimenticabili attorno a un'inezia come un flauto jazz o una rivalità tra volti televisivi finita a colpi di machete. In questa geniale commedia in cui Will Ferrell fa la parte del leone e Christina Applegate quella della leonessa (la ricordate in Sposati con figli? beh, la piccola Kelly è cresciuta!), Steve Carell è, anche in questo caso, uno dei gioielli che impreziosiscono il ricco contorno di questa commedia: un giornalista cerebroleso che diventerà consigliere dell'Amministrazione Bush. Anche qui Steve lavora di cesello: faccia inespressiva e battute fulminanti, un'autentica rivelazione.

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