La parola ai giurati
Remake della Parola ai giurati di Sidney Lumet, 12 è un film votato al confronto diretto con la tradizione, aggiornata alla crudeltà del mondo contemporaneo. Replicando la struttura narrativa dell'originale americano, Nikita Mikhalkov chiude dodici giurati in una palestra per deliberare sul destino di un giovane accusato di parricido. Soltanto che questa volta l'imputato è ceceno e avrebbe presumibilmente ucciso il padre adottivo, ufficiale dell'esercito russo. Mikhalkov riprende, approfondisce ma soprattutto rifà (e rifare non significa fare nuovamente lo stesso) il testo teatrale di Reginald Rose in un contesto dove mutano gli elementi propriamente estetici della messa in scena. Il riadattamento dell'autore russo va a collocarsi di fatto dentro un mutato sfondo scenografico e geopolitico, che ripropone il genere giudiziario o courtroom drama. Il taglio giudiziario del film, dichiarato fin dal titolo (dodici sono i giurati raccolti in aula), è in realtà un brillante travestimento che permette al regista di portare davanti alla corte un paese intero, un immenso territorio, geografico e sociale, in cui si combattono battaglie ferocissime contro il razzismo, la corruzione e i pregiudizi. Un film sociale a contenuto giudiziario che denuncia, accusa e richiama alle proprie responsabilità, scavando in un passato ancora presente e indicibile (la tragedia della Cecenia). L'aula è il punto di partenza, secondo un'altra luminosa tradizione del genere, dei flashback che illustrano la storia di un paese, la Russia, stretto tra l'eredità sovietica e il degrado delle istituzioni.

12 personaggi in cerca di un verdetto
Nel mio film ci sono dodici personaggi chiusi in una palestra impiegata come aula per deliberare. È il racconto di 12 giurati che devono stabilire la colpevolezza o meno di un giovane ceceno accusato di parricidio. 12 è una riflessione profonda sulla realtà contemporanea, sulla necessità di prestare ascolto e soccorso a chi ci circonda. Esattamente come nel film di Sidney Lumet, La parola ai giurati, l'intera azione del film si gira all'interno di uno spazio chiuso. Le similitudini tra il mio film e quello di Lumet si limitano però alla trama e a poche altre soluzioni formali. Ho pensato e girato una storia tipicamente russa. Tutte le argomentazioni, tutti i dubbi e le perplessità sollevate di volta in volta dai giurati sono generate da quello che ciascuno di loro ha maturato nel proprio animo. Durante l'esposizione del loro pensiero viene fuori chiaramente la preoccupante situazione in cui versa il paese, stretto in un difficile momento di transizione. I miei dodici personaggi finiscono per discutere di argomenti che solitamente televisione e giornali non trattano ma che al contrario interessano e inquietano i russi.

Processare in Russia
Il lavoro che ho fatto sulla sceneggiatura ha prodotto un'opera nuova e originale, un film di grande attualità che ho trasferito da un'aula di giustizia americana dentro una palestra di Mosca. Nonostante il sistema giuridico russo sia profondamente diverso da quello di qualsiasi altro paese e distante da quello universalmente accettato nel mondo democratico, spero ugualmente che gli spettatori non rimangano indifferenti di fronte al mio film. 12 è ricco di associazioni interessanti e invita a riflettere sulla nostra vita, sul modo in cui la viviamo e ci rapportiamo col prossimo. Mi piacerebbe soprattutto che il mio film venisse visto in Russia da un numero infinito di persone. Non è per l'incasso e nemmeno per la gloria ma è perché io ripongo molto speranze sul significato di questa opera, come uomo e come cittadino.