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Sex and the City. Il boom: perché?

Le ragioni nascoste dietro al successo di un film campione d'incassi.
di Pino Farinotti

Una serie furba dietro un capolavoro di marketing artistico

lunedì 16 giugno 2008 - Focus

Una serie furba dietro un capolavoro di marketing artistico
Sex and the city è in testa agli incassi. Era prevedibile, ma non del tutto. La prima ragione contro è puramente meccanica: non succede quasi mai che una serie diventi film. Sono stili, pubblico, codici, linguaggio, diversi. Un'altra ragione sono i modelli: agli attori televisivi, anche quelli di grande appeal da piccolo schermo, non mantengono in automatico lo stesso appeal sul grande schermo. Sex and the city (serie), col suo grande, quasi anomalo successo, ha creato un precedente esclusivo, ha legittimato i suoi modelli (le sue modelle) oltre il piccolo schermo. Sarah Jessica Parker era un'attrice dal discreto successo nei film, è diventata trionfante nei telefilm, è rientrata rigenerata,"pantografata", sul grande schermo, a quarant'anni compiuti. Si tratta di vedere se, in cinema, Carrie il personaggio, non fagociterà Sarah l'attrice.
"Sex" è una delle serie più furbe che mai siano state prodotte. Si trattava di trovare la chimica per farlo diventare un film, ebbene, Michael Patrick King regista-sceneggiatore, l'ha trovata. Non era così facile. Ciò che veniva ammannito a segmenti, è stato raccolto, compresso e rivenduto in un totale efficace, quasi geniale in chiave di marketing. Anzi, saliamo di una categoria: un capolavoro di marketing-artistico.

Le 4 "ragazze" cresciute
Nei titoli viene data qualche indicazione, viene fatta qualche promessa interessante. Miranda (sapremo chi è) dice: "Ho conosciuto un uomo con uno sperma dal sapore fantastico". È una bella introduzione, una firma chiara su di un pagherò di cui il pubblico attenderà l'incasso. Subito sfilano i caratteri. La protagonista è dunque Carrie (Parker), scrittrice affermata, indossa solo firme, certo, può comprarsele, è dolce, dialettica, innamorata da sempre di Mr. Big (Chris Noth), ricco, dolce e comprensivo (meno dialettico), maturo, portatore di tutte le sicurezze salvo quella del matrimonio: ed è intorno a questo nodo che vive il film. Poi ci sono le amiche intime-storiche di Carrie: Miranda (Cyntia Nixon), avvocatessa, con tendenza seppure non completa alla famiglia; Samantha (Kim Cattrall) la grande gnocca cinquantenne, mangiatrice di uomini; Charlotte (Kristin Davis) posata & sposata, ha adottato un bambino, si scopre incinta quando non ci sperava più, ed è un altro dei nodi della storia. Chi va a vedere il film conosce bene i caratteri e le vicende. Ogni puntata della serie si dedicava a un argomento: per esempio una delle "ragazze" si innamorava di qualcuno troppo giovane, ed ecco la dialettica che teneva l'intera puntata. Oppure c'era all'orizzonte un principe azzurro portato al sesso anale, ed ecco 55 minuti di dialettica a quattro su quell'argomento.

Dalla serie al film
Su questa base di vissuto King, come detto sopra, ha costruito quel "totale"organico, irresistibile, con un punto di partenza (e di arrivo) che è il matrimonio fra Mr. Big e Carrie. C'è la preparazione, da lì tutto sarà irresistibile, i cliché saranno tutti dorati, l'estetica tutta patinata. "Lui" le compra un attico a Manhattan: diciamo... un tre milioni di dollari almeno. L'armadio è un po' piccolo, e "lui" glielo rifà grande come un soggiorno. Poi c'è la sfilata per gli abiti da sposa. Un lusso alla Maria Antonietta, naturalmente. C'è una collaboratrice di colore, intelligente e umana che sogna una borsa di Vuitton da 5.000 dollari, ebbene Carrie gliela regala. Samantha, per esorcizzare un incidente amoroso, esce e si porta a casa, nel baule della macchina, un paio di metri cubi di pacchi Armani, Prada, Gucci, Dior, e ancora Vuitton. Tutto è scientificamente positivo, persino un excursus extramatrimoniale è positivo per riaccendere una passione sopita, fra Miranda e il marito (l'excursus era suo). Mr. Big e Carrie hanno fissato data e posto per le nozze, tutto in pompa magna, anzi, di più: cerimonia alla Ranieri e Grace. Ebbene lui non si presenta. La ragione sarebbe: "Siamo felicissimi così, perché rischiare di esserlo di meno?". Si incrociano sulla loro limousine al centro di Manhattan, lei scende, lo insulta a lo picchia. Le amiche accompagnano la distrutta Carrie in Messico: hotel con vista di paradiso, cocktail con gli ombrellini: lì ci si macera meglio. Alla fine i due si sposeranno, cerimonia privata, in municipio. Lieto fine del lieto fine del lieto fine… Sex and the City rappresenta dunque tutte le fasi del sogno, quello più lontano, intangibile. Donne e ragazze in sala consegnano a quei modelli le loro vite normali. E sono felici per due ore. È il meccanismo conosciuto e duraturo dell'identificazione. E tutte quelle donne e ragazze non sono in cattive mani. Non so se vedremo mai la Pession di Capri raccogliere "quei sogni" sul grande schermo. Il tutto sotto la giurisdizione globale, felice e rassicurante dell'amore.
"Rassicurante" anche per le spettatrici. Furbissimo, ma gran prodotto.

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