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I demoni di San Pietroburgo: diario di uno scrittore

Montaldo torna alla regia dopo 12 anni per omaggiare Dostojevskij e la libertà del suo pensiero.
di Marzia Gandolfi

Un eroe scrittore

lunedì 21 aprile 2008 - Incontri

Un eroe scrittore
Ancora una volta il rinnovamento dei contenuti trova particolare forza e lucidità nella produzione di Giuliano Montaldo, regista genovese della generazione del 1930, che ha perciò conosciuto le ultime stagioni del fascismo, la guerra, l'occupazione e la Resistenza, il dopoguerra, il neorealismo e le stagioni postbelliche dell'impegno. Dopo aver girato Sacco e Vanzetti, robusta ricostruzione del delitto di stato che scosse e commosse il mondo negli anni '20 (ad oggi è il miglior film di Montaldo) e Giordano Bruno, che mette in scena gli ultimi nove anni di vita (1591-1600) e di "eroici furori" del filosofo campano bruciato dalla Chiesa, Montaldo porta sullo schermo una rievocazione sommaria ma sincera della letteratura e della vita di Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij, testimonianza laica e omaggio alla libertà del pensiero.

Genesi
La storia di questo film parte da molto lontano: vent'anni fa Paolo Serbandini mi fece leggere un racconto ideato da Andrei Konchalovsky, una storia entusiasmante che entrava nel mondo di Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij, facendo rivivere le sue passioni, la sua malattia, la condanna a morte, la detenzione in Siberia, la febbre del gioco. Ma i numerosi sopralluoghi che feci nella Russia di allora non portarono mai a nulla, i produttori mi ubriacavano di vodka, rimandavano sempre il progetto, finendo col sospenderlo definitivamente. Anni dopo, al termine del mio mandato come presidente di Rai Cinema, decisi di tornare a girare e di realizzare proprio questo progetto. Trovare un produttore in Italia non è certo stata impresa da poco, ma da anni ormai sono abituato ad affrontare simili avventure, così mi sono armato di pazienza fino a quando la 01 Distribution mi ha offerto la sua preziosa collaborazione.

Leggendo e interpretando Dostojevskij
Questo film ha un copione denso che credo aperto ad ogni interpretazione, l'amore e la dedizione di una fanciulla verso un poeta, l'idea dell'assalto della malattia, la sofferenza di un intellettuale, il confronto con le scadenze terribili della vita, ogni proposta è valida. Personalmente, coi Demoni di San Pietroburgo ho voluto raccontare la mia intolleranza per le bombe e i "bombaroli", la mia insofferenza per la violenza e verso tutti coloro che credono di poter cambiare il mondo uccidendo degli innocenti. Questi uomini sono semplicemente dei criminali che si nascondono dietro grandi ideali. Non c'ero nel 1905 e non c'ero nemmeno nel 1918, ma ero presente e bambino nel 1945, quando sognavo un mondo pieno di speranza e di ottimismo. Poi qualcuno mi rubò la possibilità di essere felice e decisi di oppormi ai ladri di speranza e di ottimismo. Io credo che la rivoluzione si debba fare con le idee, per questa ragione ho messo a confronto un intellettuale con dei falsi rivoluzionari. Il mio film mi permetteva di raccontare il dubbio, di osservare da vicino Dostojevskij fare un bilancio del suo impegno rivoluzionario e affrontare i demoni della sua coscienza nel timore di essere stato un cattivo maestro per le nuove generazioni.

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