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Dietro le quinte di Ortone e il mondo dei Chi

I realizzatori raccontano la genesi e le difficoltà di realizzazione del film.
di Gabriele Niola

Il cinema in computer grafica e l'adattamento

lunedì 14 aprile 2008 - Incontri

Il cinema in computer grafica e l'adattamento
Ortone è un elefante che un giorno sente un grido d'aiuto provenire da un granello di polvere, nessuno gli crede ma lui è determinato a salvare quello che ancora non sa essere il microcosmo di Chi-non-so, un paese tutto contenuto in quel granello.
Una delle cose migliori che la rivoluzione Pixar dei cartoni in computer grafica ha portato è stato un generale rinfrescamento delle idee. Anche negli exploit meno brillanti dell'animazione in CG infatti ci si trova di fronte a storie originali, mondi particolari e una visione inedita di mondo, che poi sono l'essenza dello spunto narrativo.
Con il suo quarto lungometraggio animato la Blue Sky (creatori di L'era glaciale 1 e 2 e Robots) decidono di rompere con questa tradizione e adattare per lo schermo una favola famosissima in America. "Ortone e il mondo dei Chi" è infatti una delle opere fondamentali di Ted Geisel, in arte dr. Seuss (autore da noi noto soprattutto per aver creato Il Grinch), artista e favolista dai toni surreali, estremamente fanciulleschi e sognatori.
Una sfida più da animatori che da registi: la storia infatti (precisano gli stessi creatori) è stata scelta proprio per come naturalmente si adatti al cinema divisa com'è in tre atti. Al contrario è proprio il microuniverso dei Chi a dover necessitare un grande lavoro per essere reso sullo schermo a causa della particolarità dell'immaginario del dr. Seuss. Il favolista americano aveva come tratto determinante la capacità di cesellare caratteri, personaggi e stili di vita con un solo tratto, con una capigliatura, con un accessorio o con una costruzione. Un artista del dettaglio le cui opere potevano essere portate al cinema solo con un'attenta pianificazione.
Non meraviglia allora che alla regia siano stati messi due animatori mentre il regista di punta della Blue Sky, Chris Wedge (autore sia di L'era glaciale che di Robots) sia stato nominato produttore del film. Proprio lui assieme a Mike Thurmeier (supervisore all'animazione) ci hanno spiegato le difficoltà, le ragioni e le particolarità del film.

Ortone, una favola in tre atti
Ancora una volta la Blue Sky affronta un mondo lontano da quello reale che ha pochi elementi in comune con esso e che, per gli spettatori, è una novità assoluta tutta da esplorare senza che ci siano punti di riferimento noti. Sembra proprio che lo studio nel realizzare i propri film ponga particolare enfasi sul lento trascinamento dello spettatore in un mondo che non conosce e nel quale si troverebbe spaesato senza la guida della regia.
Non stupisce allora che al momento di adattare una favola sia stata scelta proprio una del dr. Seuss.

Perchè avete scelto di adattare una storia e perchè Ortone e il mondo dei Chi?
Wedge: Abbiamo scelto la favola di Ortone perchè combacia con la nostra idea di cosa sia una grande storia per il cinema. Il libro ha un inizio, una metà e una fine, ha grandi personaggi e un grande potenziale emotivo. E questo ci libera dal peso di fare la storia lasciandoci unicamente il compito di capire come raccontare la storia.

Allora c'è stata una componente di liberazione?
Wedge: Beh si, il libro originale è già un materiale ottimo, contiene molta innocenza e assurdità che scatenano l'effetto comico. In più noi nella nostra interpretazione abbiamo deciso di porre enfasi proprio su questi aspetti. E credo che questo si capisca bene dalle scelte fatte per il cast, per il design e per la scrittura.
Thurmeier: Abbiamo fatto un film dove dovevamo e potevamo creare tutto un mondo nostro ma è bello poter cambiare e fare anche cose diverse, è stato un cambio piacevole. Questo ci ha insegnato tantissime cose riguardo il character composing, dovendo partire dal materiale originale del Dr. Seuss.

Non c'è nulla di vostro aggiunto alla storia?
Wedge: Il libro è del 1954 cioè vecchio di 50 anni, abbiamo solamente attualizzato la compagnia ma è tutto molto appropriato e fedele allo spirito. Le nostre piccole modifiche rendono il materiale solo un po' più accessibile al pubblico contemporaneo.

Adattare per il cinema un mondo noto a tutti Le sfide tecniche di un cartone animato, potrà sembrare strano, ma sono sempre nuove. Nonostante l'animazione consista sempre nella creazione di un ambiente virtuale al computer nel quale far interagire dei personaggi e muovere una macchina da presa inesistente (quindi un semplice punto di vista), lo stesso il processo di character designing, le scelte estetiche e la composizione di ogni inquadratura sono differenti per ogni opera e influenzano pesantemente lo scorrimento e il gradimento della storia.
Ma se per gli altri film c'erano dei mondi da creare, immaginare e disegnare da zero qui si doveva necessariamente partire da un immaginario estetico già formato.

Alla fine il risultato è stato più facile o più difficile da raggiungere rispetto al solito?
Thurmeier: Tecnicamente ci sono state molto cose difficili, i personaggi dovevano essere più flessibili che nel passato e nonostante questo dovevano avere un look specifico e costante nel tempo. Nei nostri film passati questo era decisamente più facile.

Cosa ha presentato le maggiori difficoltà?
Thurmeier: Sicuramente tutto il design della giungla che è molto molto densa, ogni albero, anche quelli di sfondo, è stato disegnato con moltissima cura e nel complesso non erano decisamente facili da gestire. E per lo stesso motivo anche il campo di trifogli con tutti quegli esemplari è stato un incubo.

C'è chi ha visto elementi del disegno di grandi cartoonist come Tex Avery e Chuck Jones nei vostri sfondi...
Wedge: Ci siamo ispirati molto al lavoro di Chuck Jones, sia per i disegni che per come fa le gag e come racconta le cose. Mentre Tex Avery è sicuramente più selvaggio, per cui ci stupisce che ci paragonino a lui. Ad ogni modo non pensiamo mai: "Qui facciamo Chuck Jones e qui facciamo Tex Avery", noi facciamo quello che ci sentiamo.
Thurmeier: Si, non ci mettiamo scientificamente a imitare degli stili. Cerchiamo di creare delle forme in accordo con i nostri gusti. L'era glaciale sicuramente è stato influenzato dallo stile spigoloso di Chuck Jones, ma non appositamente. Per Ortone poi lo siamo stati ancora di più perchè è un cartone famoso con cui le persone sono ormai familiari, familiari con quel tipo di racconto e di soluzioni, e alla fine anche noi lo siamo, per cui tanto vale trarre un vantaggio da questo.

La personalità, la concorrenza e il confronto con la Pixar
Oltre ad essere stata la prima casa di produzione di animazione in 3D, la Pixar ha segnato la strada anche con alcune opere fondamentali, cartoni animati bellissimi che inevitabilmente hanno condizionato tutto ciò che è venuto dopo. Eppure sia la Blue Sky che la Dreamworks, nonostante spesso realizzino progetti simili a quelli Pixar, cercano sempre una strada alternativa e personale, inseguendo un'autorialità nell'animazione che sia diversa da quella dello studio diretto da John Lasseter.
Tuttavia quando si vanno a fare i paragoni, il confronto è impari e la bilancia pende inevitabilmente dal lato della Pixar, un'ispirazione da una parte e uno stimolo a fare meglio sicuramente dall'altra. Ma c'è di più nel modo in cui i concorrenti vedono il numero uno?

La Blue Sky è nota per aver realizzato cartoni come L'era glaciale a costi ridottissimi, è una cosa che ha determinato parte della vostra originalità, è ancora così?
Wedge: Il design di L'era glaciale era solo parzialmente ispirato dal nostro budget limitato. Oggi è meno un problema il costo, e la scelta è più libera.

C'è qualche componente dei vostri cartoni che non le piace e che ritiene riesca meglio alla concorrenza?
Wedge: Io non invidio nulla di tecnico agli altri. Si tratta di aspetti molto importanti, ma se proprio devo invidiare qualcosa è sicuramente la storia. Se una storia ha successo e mi trasporta via, posso essere pronto ad ammettere che mi trovo di fronte a un lavoro superiore. È tutto il bello di una storia ben narrata che scatena emozione in me a interessarmi.
Thurmeier: Tecnicamente credo che possiamo competere con qualsiasi altro studio.

Da questo punto di vista però la Pixar ha dimostrato una maestria rara nel fondere tecnica e storytelling...
Wedge: Dal punto di vista della storia ciò che mi ispira di più è trascendere la tecnica e arrivare al cuore del cinema, che è il medesimo per il cinema dal vero. Un nostro obiettivo non è solo fare cartoni ma fare cartoni con personaggi talmente profondi da farti dimenticare che si sta guardando un cartone poichè ormai sei di fronte al cinema puro.
Da questo punto di vista sono rimasto molto impressionato da Ratatouille, da come quel topo in cerca di diventare un artista e come sia reso questo desiderio. Di fronte a queste cose la tecnologia scompare.

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