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Non pensarci: ritratto di una "normale" famiglia di italiani

Dopo otto anni Gianni Zanasi torna al cinema con una brillante commedia drammatica.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Un ritorno importante

lunedì 31 marzo 2008 - Incontri

Un ritorno importante
Ci sono voluti otto anni a Gianni Zanasi per tornare alla regia di un lungometraggio dopo A domani, presentato in concorso a Venezia nel 1999. Un'assenza dovuta alla difficile condizione che vive il cinema del nostro paese da ormai troppo tempo, come ha spiegato lo stesso regista nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Roma. "Sono stati anni non semplici. Si era creata una situazione produttiva complicata che non favoriva chi aveva progetti anomali, fuori linea. Era difficile in determinate condizioni, per chi come me non ha amicizie, riuscire a lavorare. Questo è un meccanismo che impoverisce il cinema. Guardando all'estero, penso a uno come Lukas Moodysson che ha inanellato grossi successi europei, film come Together - Insieme e Lilja 4-ever realizzati con budget bassissimi. Ma io sono uno ottimista e credo che questa tendenza tutta italiana stia cambiando".

La famiglia Nardini
Gianni Zanasi: La cosa che mi premeva maggiormente era di riuscire a evitare di essere astratto nel parlare della famiglia. Volevo essere il più possibile concreto. Per me il nucleo familiare rappresenta un gruppo di persone imperfette, ed erano proprio le imperfezioni dei singoli elementi che mi facevano ridere. Più sono veri e autentici i componenti e più sono imprevedibili. Ecco, io ho voluto raccontare e non giudicare questa famiglia italiana.
Teco Celio: Di certo la famiglia non è come quelle che si vedono nelle pubblicità, tutte perfettine e felici. La famiglia è un gruppo di persone costretto a vivere insieme. In Non pensarci si rispettano comunque i canoni tradizionali: c'è un figlio che se ne va per la sua strada, uno che rimane e prende in mano l'attività del padre pensionato, e la figlia adorata, la ragazza modello.
Giuseppe Battiston: I meccanismi della famiglia Nardini rispecchiano i meccanismi della maggior parte delle famiglie reali. Penso ad esempio a quando il mio personaggio, Alberto, spende delle parole bellissime sulla sorella, riconoscendole dei meriti e dichiarando subito dopo che non glielo dirà mai. E poi, proprio come nel film, la famiglia è un luogo dove spesso i componenti non sanno nulla della vita degli altri.

L'Italia raccontata attraverso un microcosmo
Valerio Mastandrea: Questo è un film che parla molto dell'Italia e della provincia, ma non quella nera degli omicidi. Credo che Gianni ci abbia voluto di diversa estrazione regionale (ci è venuto a prendere a Roma, a Busto Arsizio, in Svizzera, in Sardegna) proprio per poter simbolizzare il paese tutto. Penso che Gianni abbia trovato uno dei modi più originali per raccontare la famiglia, soprattutto in Italia, dove spesso è sinonimo di responsabilità e dovere. E dimostra che non c'è bisogno di essere figli di divorziati per essere infelici. Non pensarci esplora questo microcosmo, con tutti i suoi limiti e problemi, con grande leggerezza e noi attori abbiamo come camminato su un campo minato evitando di far esplodere le mine.

La chiave della leggerezza
Gianni Zanasi: Si è trattato di un lavoro di sceneggiatura molto impegnativo, logorante ma allo stesso tempo divertente. In questo caso ciò che mi ha fatto accendere i motori è stato ridere. L'immagine di Stefano (Valerio Mastandrea), un punk rocker che si trova in un autogrill e a un certo punto prende in mano un vasetto di ciliegie sotto spirito mi ha fatto ridere e sempre ridendo ho immaginato tutta la storia. Il lavoro di scrittura è stato senza dubbio molto più strutturato rispetto agli altri film che ho fatto, ma non per forza perfetto. Insieme a Michele Pellegrini (co-sceneggiatore, NdR) abbiamo scelto di dare molto spazio ai personaggi e li abbiamo seguiti con libertà e leggerezza.

Innamorarsi a pagina 5
Valerio Mastandrea: La sceneggiatura di Non pensarci era scritta così bene che me ne sono innamorato a pagina 5. D'altronde come non si fa a cedere di fronte a una battuta di quel tipo, "Ho sentito il tuo disco, mi piace molto come suoni", detta da uno che ha appena scoperto di essere stato tradito al suo rivale in amore. Quando mi sono confrontato con Gianni sul personaggio di Stefano gli ho detto "questo è del capricorno" e anche quando ho fatto il provino ho improvvisato parlando esattamente come lui. Non credo a quello che si dice sul lavoro dell'attore, ovvero che un personaggio si costruisce. La storia si costruisce, l'attore aiuta a trovare le sfumature. E il lavoro che Gianni fa sull'attore passa direttamente attraverso il lavoro che fa su se stesso. Lui logora gli attori come logora se stesso. Ci siamo logorati tutti con grandi sorrisi.

Comicità nel dramma
Giuseppe Battiston: Più che comicità direi che in questo film c'è molta ironia. Ma questa lievità non è una caratteristica. È un risultato, è la conseguenza di un lavoro. Non credo nella spontaneità. La verità è che siamo stati messi nelle migliori condizioni possibili per riuscire a trovare questa leggerezza.
Teco Celio: Chiamerei il modo di lavorare di Zanasi "anarchia organizzata". Le improvvisazioni di noi attori sono servite a rendere più soffice una struttura ferrea. Lui non è un televisaro, è un artigiano che lavora sui piccoli dettagli. Come attori abbiamo l'impressione di fare tutto noi, ma lui sa benissimo quello che fa.

La voce fuori dal coro
Caterina Murino: Io non faccio parte della famiglia Nardini e il mio personaggio potrebbe essere visto come una rovina famiglie. Ma credo che Nadine in questo caso rappresenti un avvicinamento di Alberto (Giuseppe Battiston) all'amore tenero e anche lei, nel corso del rapporto, si riscopre come donna e non come prostituta. Io mi considero un'attrice drammaticamente pesante e generalmente al cinema trovo tutti ruoli pesanti. Lavorare con Zanasi è stata in questo senso una scuola importante. Mi ha insegnato a trovare la leggerezza dentro di me. Mi ha permesso di inventare, di improvvisare, e quando cadevo nello schema della drammaticità mi esortava ad alleggerire.

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