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5x1: Daniel Day-Lewis, talento anticonformista

Sciupafemmine ma anche capacità indiscutibili: l'attore inglese torna con Il petroliere.
di Stefano Cocci

Breve storia del Metodo Daniel Day-Lewis
Daniel Day-Lewis (Daniel Michael Blake Day-Lewis) (66 anni) 29 aprile 1957, Londra (Gran Bretagna) - Toro.

martedì 12 febbraio 2008 - Celebrities

Breve storia del Metodo Daniel Day-Lewis
Il "metodo" Daniel Day-Lewis consiste nella completa e totalizzante immersione nel personaggio, durante tutto il periodo delle riprese e anche se questo vuol dire essere trasportato a braccia da un set all'altro e incrinarsi due costole per le posizioni innaturali assunte su di una sedia a rotelle. È una regola di lavoro che, in venti anni, ci ha regalato uno degli attori più completi e pieni di talento che si ricordi, e che ha contribuito a costruire il mito di un professionista che, dopo aver raggiunto brillanti risultati, si è "quasi" ritirato dalle scene per fare il falegname e, trasferitosi a Firenze, si è appassionato al mestiere del ciabattino.
Scarpe e intarsi hanno quindi rischiato di privarci di un artista immenso e di un uomo destinato a spezzare molti cuori tra le colleghe e le donne comuni. Sono balzate agli onori delle cronache mondane e non, le sue love story con le attrici Isabelle Adjani e Winona Ryder mentre, qualche anno fa, ha conosciuto la figlia dello scrittore Arthur Miller, Rebecca, la sua attuale moglie e madre dei suoi due figli, Ronan e Cashel. Dalla storia con la Adjani è nato Gabriel-Kane Day-Lewis.
È il ritratto di un uomo poco avvezzo ai compromessi, abituato a vivere la professione come una missione, in modo totalizzante e, a volte, alienante. Per Il mio piede sinistro ha imparato a scrivere effettivamente con il piede; per The Boxer si è preparato per due anni con l'ex pugile campione del mondo Barry McGuigan; per L'ultimo dei mohicani ha scuoiato animali e non ha mai abbandonato il suo fucile; per Nel nome del padre ha trascorso molto tempo chiuso in una cella e non usciva mai dal personaggio, continuando a parlare con l'accento di Belfast anche durante le pause dal lavoro. Al momento non sappiamo se per interpretare Il petroliere di Paul Thomas Anderson abbia regolarmente fatto dei bagni nella benzina e si sia trasferito a vivere in mezzo ai pozzi di petrolio.

L'ultimo dei mohicani
All'epoca delle riprese del film di Michael Mann, la fama delle doti interpretative di Daniel Day-Lewis lo precedeva ormai da tempo. Soprattutto, era la leggendaria preparazione a cui si sottoponeva e, in particolare, l'attitudine a non uscire mai dal personaggio – nemmeno per una pausa al bagno – a rendere Daniel Day-Lewis un autentico mito. Così, l'attore in versione scattante, determinata e guerriera, divenne il simbolo del manifesto di questa pellicola, un film su di un'epoca in cui la violenza era senza mediazioni e cruda, in cui gli spazi erano sterminati; e a percorrerli ci vuole il fisico, come Daniel ci fa vedere a più riprese.

L'età dell'innocenza
Martin Scorsese ha diretto due volte Daniel Day-Lewis. In entrambe le occasioni è stato un viaggio nella New York delle origini: se in Gangs of New York al centro della narrazione c'è la violenza – mai inespressa o nascosta – delle bande di sbandati che alimentavano i bassifondi della città, il cuore de L'età dell'innocenza sono i riti e la rigidità delle istituzioni sociali dell'alta borghesia della città, una rete di relazioni che proprio quella violenza cerca di imbrigliare.
Il fuoco del talento di Daniel Day-Lewis cerca di restare sopito sotto la coltre di convenzioni sociali dell'aristocrazia economica newyorchese ma l'amore per Michelle Pfeiffer è una forza incontrastabile che strappa le catene del suo cuore.

Il petroliere
È l'incontro tra uno dei narratori più autorevoli del nostro tempo – il Paul Thomas Anderson di Magnolia – il romanziere Upton Sinclair con il suo "Oil!" e Daniel Day-Lewis, che dà un volto sofferto a questa corsa al petrolio che è anche storia di una nazione e delle bugie che continua a raccontarsi. Da segnalare come il titolo originale "There will be blood" – evocativo, potente, vibrante – è diventato "Il petroliere", come se Il mio piede sinistro fosse diventato "Il paraplegico" e Nel nome del padre un semplicistico "Il terrorista". Misteri dell'adattamento italiano: trasformare l'evocativo in una etichetta da supermarket.

Il mio piede sinistro
A leggere la storia si potrebbe pensare di aver capito tutto di questo film, opera prima di Jim Sheridan. E allora sarà necessario compiere uno sforzo per cercare di comprendere quanto importante è stata questa pellicola: l'handicap può vivere nella difficile condizione di un uomo che non fa nulla per compiacere e compiacersi ma in virtù della sua condizione, forse, può essere più antipatico, cocciuto ed antisociale di quel che vorremmo immaginare. Non solo: Il mio piede sinistro è l'esaltazione del metodo Daniel Day-Lewis, che pretese di essere trasportato sulla sua sedia a rotelle durante tutta la durata delle riprese, per trasformarla in un'autentica estensione del suo corpo, cosa che gli costò anche due costole. Alla fine fu Premio Oscar.

Nel nome del padre
Un caso clamoroso di cinema civile e impegnato. Jim Sheridan racconta con forza idealista le tristi vicende giudiziarie di un gruppo di giovani nord irlandesi accusati dalla polizia inglese di essere responsabili di sanguinosi attentati. Bisognosa di trovare un colpevole e le forze dell'ordine lo identificano nel volto scavato di Daniel Day-Lewis e nel respiro affannoso di suo padre. Anche in questa occasione il nostro eroe dà dimostrazione del suo perfezionismo: preferisce la cella alla roulotte – camerino da attore vip e parla con accento irlandese anche durante le pause dalle riprese. Difficile disgiungere il vigore dalla pellicola dalla credibile rappresentazione dei personaggi che in Daniel Day-Lewis – ma anche con Emma Thompson e Pete Postlethwaite - ha il suo apice.

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