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L'innocente dalle mani sporche

Chabrol torna con L'innocenza del peccato, indagine sul variegato, ambiguo e spesso contraddittorio universo femminile.
di Marzia Gandolfi

La non possedibilità dell'amore

venerdì 8 febbraio 2008 - Approfondimenti

La non possedibilità dell'amore
Chabrol perde il pelo ma non il vizio. Da abile e paziente pasticciere confeziona un'altra torta da lanciare in faccia alla borghesia, "l'ultima classe sociale, il polo attorno a cui tutte le altre si determinano". L'autore francese, che vanta una filmografia immensa e un itinerario che va dall'apprendistato critico dei "Cahiers du cinéma" alla grande stagione della Nouvelle Vague, ha presentato a Venezia L'innocenza del peccato, didascalica traduzione del titolo per l'originale francese La fille coupée en deux. "Adattamento" chabroliano di un fatto di cronaca che sconvolse la New York del primo Novecento (un affermato architetto venne assassinato dal marito della sua amante), il film utilizza il perfetto schema melodrammatico: lui, lei, l'altro, l'amore impossibile, la morte. Nell'Innocenza del peccato ritroviamo gli ingredienti che caratterizzano il cinema di Chabrol: la satira antiborghese (Le Beau Serge), il piccolo e pretenzioso mondo della provincia francese (L'amico di famiglia), l'atmosfera da giallo psicologico (L'inferno) e infine, componente accentuatasi nella produzione più recente, l'indagine sul variegato, ambiguo e spesso contraddittorio universo femminile (Il buio nella mente, La damigella d'onore), che almeno questa volta non assume il volto di Isabelle Huppert ma quello innocente e colpevole di Ludivine Sagnier. Star in patria, la bionda e divine Sagnier, è la donna del titolo metaforicamente (e magicamente) tagliata in due: divisa tra due identità e tra due uomini, il maturo scrittore di François Berléand e il vanesio aristocratico di Benoît Magimel. Amore negato, disperazione, felicità momentanea, morte, sono alcuni degli elementi che compongono un'opera classica, resa progressivamente ambigua e spiazzante da Chabrol. Sotto i conformismi di una società che naviga in un ricco nulla appare sempre l'amato Hitchcock, attraverso allusioni sotterranee di struttura più che di prelievo diretto. L'innocenza del peccato è una giostra crudelissima vissuta in nome della non possedibilità dell'amore. La fanciulla della Sagnier non è mai di nessuno ma tutti provano a toccarla o a possederla. Gabrielle Deneige appartiene soltanto a se stessa. Sul palcoscenico dello zio illusionista "torna intera", ricomponendo il conflitto e disponendosi al taglio, smaccatamente illusorio, di una ruota dentata.

Cronaca di un delitto accaduto
L'innocenza del peccato nasce da un fatto di cronaca avvenuto a New York nel 1906. È la drammatica storia di Stanford White, un celebre architetto newyorkese assassinato dal marito dell'amante, un'ex ballerina di Broadway. Una tragica vicenda già portata al cinema da Richard Fleischer, nel 1955, col titolo L'altalena di velluto rosso, un melodramma americano interpretato da Ray Milland, Farley Granger e Joan Collins. Questa l'idea di partenza. Successivamente ho lasciato che fosse mia figlia Cécile ad adattare la storia, io mi sono limitato a trasferirla nella provincia lionese, dove l'aristocrazia terriera convive con gli intellettuali radical-chic. Due facce della borghesia accomunate dal desiderio di apparire (anche in Tv). Sono nato e sono cresciuto in un ambiente borghese e pesantemente cattolico, non posso perciò fare a meno di osservarlo e metterlo in scena. Il mio sguardo non è mai crudele, sono piuttosto i personaggi a esserlo.

Alla ricerca dell'umanità perduta (in TV)
Adoro la natura umana che trovo, nel bene e nel male, meravigliosa e infinitamente interessante. Confesso che negli ultimi anni il mio cinema ha dimostrato una grande simpatia per i personaggi femminili. Preferisco le donne agli uomini. Per questo la mia protagonista è l'unica a restare in piedi, perché le donne sono più solide. Malgrado la tragedia che ha sconvolto la sua vita, trova la forza di ricominciare e di "ricostruirsi" con l'aiuto di un mago. Volevo raccontare la storia di una ragazza di oggi che lavora in TV per riflettere sulla televisione. Nel mio film ritroverete alcuni clichè del piccolo schermo. I personaggi che ho messo in scena sono quelli che abitualmente vediamo in TV: lo scrittore, la ragazza del meteo e il rampollo, mentalmente disturbato, della buona borghesia. Con L'innocenza del peccato ho voluto scavare all'interno dell'apparenza televisiva per provare a trovare qualcosa di umano.

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