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Dolore e dolcezza a Beirut

Donne, amori, guerra e invasione occidentale, nel Libano di Nadine Labaki.
di Claudia Resta

Il film

lunedì 17 dicembre 2007 - Incontri

Il film
Trentenne e visionaria, vestita come le occidentali, eppure con un retaggio mediorientale fortissimo: Nadine Labaki è il simbolo del Libano femminile che vorrebbe cambiare ma fatica a spingersi oltre le guerre, i tradizionalismi e l'ipocrisia. Una contraddizione che vive nel personaggio interpretato in Caramel, Layale, cristiana, che mostra i simboli della fede eppure è amante di un uomo sposato. Non vuole deludere la famiglia, eppure cerca la trasgressione. Una regista audace che risponde con coraggio a ogni domanda...

Qual è la condizione delle donne in Libano?
Agli occidentali il Libano appare come esempio di un paese aperto, libero ed emancipato, ma non è sempre vero. Dietro la facciata, le donne sono ancora costrette a molti vincoli, al timore costante degli sguardi della gente e dei giudizi che impediscono loro di vivere la vita come vorrebbero. Per questo sono piene di sensi di colpa e di rimorsi, anche per cose che altrove possono apparire normali, come l'omosessualità femminile. I personaggi del film rappresentano queste contraddizioni e rubano costantemente attimi di felicità, sentendosi poi colpevoli. Come Rose, che non riesce ad accettare di aprirsi a una nuova vita, per via della sorella Lili, completamente folle.

Da dove viene l'ispirazione per Lili?
Avevo sentito la storia di una donna, che si era innamorata di un ufficiale francese che quando lasciò il Libano le scriveva ogni giorno lunghe lettere... che erano intercettate dalla sua famiglia. Quando scoprì la cosa, era ormai troppo tardi e divenne ossessionata dalla ricerca di quelle missive. Per questo Lili raccoglie tutto quello che è di carta. Avevo quasi perso le speranze di trovare chi la interpretasse, poi ho incontrato Siham per strada, un venerdì santo, e ho capito che era la persona giusta.

Come si pone nei confronti della guerra?
Quando ho deciso di realizzare il film, volevo scrivere del futuro e non ho voluto guardare indietro alla guerra finita negli anni '90. La mia generazione vuole parlare di quello che è nuovo e che possiamo finalmente costruire. Purtroppo, una settimana dopo la fine delle riprese, ci siamo trovati a vivere, di nuovo, eventi drammatici. Avevo appena iniziato a montare il film e mi sono sentita in colpa, perché il cinema deve dare una mano a cambiare le cose. Ho anche pensato di mollare tutto, poi mi sono detta che Caramel poteva avere un senso, una specie di ribellione nei confronti della guerra.

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