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Civico 0: quando la casa è la strada

Maselli racconta il dramma di barboni e immigrati d'Italia.
di Claudia Resta

Il film

mercoledì 21 novembre 2007 - Incontri

Il film
Stella (Letizia Sedrick) è una giovane etiope che attraversa il deserto per poi arrivare a vivere in una baracca fuori Roma. Nina (Ornella Muti) parte con un pullman dalla Romania e si ritrova reclusa in casa. Giuliano (Massimo Ranieri) cade nella disperazione della solitudine.
Quarant'anni dopo Storia di Caterina, Francesco "Citto" Maselli si cimenta di nuovo con un docufilm che riprende fatti di cronaca. Nel 1953 l'episodio all'interno di Amore in città aveva segnato il suo debutto nella regia narrativa e ricostruiva, esattamente come ha fatto oggi, un fatto di cronaca realmente esistito. Un emozionantissimo regista, accompagnato dagli attori che interpretano i tre episodi di Civico 0, ha spiegato perché questo film chiude il cerchio, in un certo qual modo, di questo suo vissuto artistico.

Ieri e oggi, le cose sono cambiate
Nel 1953 volevamo fare un manifesto del neorealismo. Storia di Caterina, interpretato dalla vera Caterina, aveva un valore politico, anche se quest'idea di far rivivere a un individuo un episodio tragico della sua vita davanti a una macchina da presa fu considerato da alcuni una sorta di crudeltà gratuita ed effettistica. Oggi ho cambiato nettamente idea e anch'io ho ritenuto immorale obbligare i veri protagonisti a rivivere le loro storie. Nemmeno gli attori hanno incontrato i personaggi reali, per evitare che li "copiassero". Hanno visto solo le interviste realizzate dalle mie due assistenti, Gioia e Susanna, perché dovevano reinterpretarle. Il passaggio dal personaggio reale che racconta la sua storia vera all'attore che la interpreterà è ben visibile all'inizio di tutti e tre gli episodi, in modo da non lasciare dubbi né equivoci.

Roma come tutto il mondo
La Roma del film è solo il simbolo per un discorso più generale che riguarda i processi di globalizzazione liberista, che stanno letteralmente distruggendo le esistenze di milioni di esseri umani. Si tratta di un problema grande e profondo. "Il nome del barbone" di Federico Bonadonna è indubbiamente un libro straordinario, ma mi ha più emozionato che ispirato: il mio vero sforzo è stato quello di fare un film e non un documentario televisivo. Volevo raccontare per immagini e senza commento, suscitare l'indignazione morale ed etica che oggi manca e che si crogiola nella politica dell'adeguamento all'esistente. Esiste un metro per valutare la sofferenza e il dolore? Io credo di no, e questo è indubbiamente un tentativo di resuscitare la non accettazione attraverso il cinema, ossia con immagini e suono.

Tre personaggi per tre attori
Ho scelto tre storie su cento raccolte perché siano metafore di una situazione più generale. Quando abbiamo visto Letizia per Stella sono rimasto affascinato: lei non solo non ha voluto controfigure nemmeno per i dettagli minori, ma per essere in questo progetto ha addirittura abbandonato anche altre produzioni con offerte molto più redditizie di questa, in cui gli attori hanno lavorato senza caché. Con Francesca (Ornella Muti, ndr) ci conoscevamo già da tantissimo tempo e ho vissuto con lei lo sforzo immane di interiorizzare il personaggio fino in fondo, al punto da zittire la stampa quando ha cercato di minimizzare la storia di Nina. La vera scoperta, comunque, è stato Massimo, che non ha avuto bisogno di preparativi, perché è un venditore ambulante perfetto! Ma ha un segreto... a dieci anni lavorava nella bancarella della madre, quindi è stato come rivivere la sua infanzia.

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