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La giusta distanza esplora il male banale nella provincia italiana

Il film di Carlo Mazzacurati che riflette sulla giusta distanza da tenere tra le persone.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

venerdì 19 ottobre 2007 - Incontri

Il film
Hassan è un tunisino che vive in Italia e che dopo tanti anni di duro e onesto lavoro ha aperto un'officina dove fa il meccanico. Mara è una giovane maestra supplente che si è trasferita nello sperduto paesino veneto in attesa di partire per il Brasile con un progetto di cooperazione. La storia che nasce tra Hassan e Mara non comincia bene. L'uomo inizialmente la spia, viene scoperto, rifiutato e solamente dopo il chiarimento viene accettato dalla ragazza. A essere attratto da Mara c'è anche Giovanni, un giovane aspirante giornalista che passa molto tempo nell'officina del tunisino. Anche lui spia la ragazza leggendole di nascosto la corrispondenza, e quando la vicenda assume inaspettatamente aspetti tragici volta le spalle a Hassan. "La giusta distanza è quella che un giornalista dovrebbe saper tenere tra sé e la notizia: non troppo lontano da sembrare indifferente, ma nemmeno troppo vicino, perché l'emozione, a volte, ti può abbagliare". Parole di Carlo Mazzacurati che per la terza volta torna a posare il suo sguardo su "quel lembo di terra che nelle cartine geografiche sembra sprofondare nel Mar Adriatico assieme alle ramificazioni arteriose del Po nel suo stadio di Delta". Ne La giusta distanza il tema principale è il male, "che avvolge tutti, compresa la voce narrante. E, come sempre, gli innocenti pagheranno per primi".

Ci vuole una giusta distanza per vivere in questo nord-est e raccontare il luogo in cui abita?
Mazzacurati: Ci terrei a sottolineare che non si chiama nord-est ma Veneto, una regione che ha una sua storia, una sua riconoscibilità nonostante stia galoppando velocemente verso un altrove. Ho sempre bisogno di un riferimento e di un luogo riconosciuto per avere la materia per raccontare la storia. La lingua, la luce e l'atmosfera di quel luogo sono elementi che conosco bene e che sono indispensabili pere me. Poi la storia è un'invenzione, reinterpreta la realtà, in questo caso nasce dall'osservazione di un'inquietudine, abbiamo voluto raccontare uno squilibrio. Siamo partiti da una sensazione emotiva, il fatto che raccontiamo non proviene dalla cronaca, anche se qualcuno lo potrebbe pensare. Il "male" ne La giusta distanza è un male banale in cui non c'è l'efferatezza che spesso viene enfatizzata dai giornali e dalla televisione. Noi abbiamo cercato di percorrere una strada opposta.

Come avete lavorato sui personaggi?
Lodovini: Non c'è stata preparazione, i personaggi sono nati un po' alla volta.
Mazzacurati: Non amo fare le prove perché mi sembra sempre che si bruci quell'energia che nasce dall'interpretare una scena per la prima volta. Faccio anche pochi ciak e cerco di correggere il meno possibile proprio per ottenere un'autenticità che altrimenti non ci sarebbe.
Hafiene: Non ho mai fatto il meccanico e non capisco niente di questo mestiere. Quanto al rapporto con Valentina è nato con il primo ciak e credo che la nostra interpretazione sia risultata reale grazie a uno scambio di generosità.

È una storia di coppie, ci sono Hassan e Mara, ma anche Bencivegna e Giovanni, il maestro e l'apprendista giornalista che vivono un rapporto conflittuale.
Bentivoglio: Un po' come è successo a Valentina e ad Ahmed anche noi ci siamo abbandonati alla curiosità di incontrarci e ci siamo piaciuti strada facendo. Spero si sia capito che la giusta distanza è una giusta distanza teorica. È di fatto un consiglio sbagliato. La vita stessa ci insegna che l'unico modo per raccontare le cose è entrarci con anima e corpo.
Capovilla: Il fatto che non ci conoscessimo ha contribuito all'autenticità del film. Il mio personaggio ha un profondo rispetto nei confronti del suo maestro. Sul significato della giusta distanza è il film a far chiarezza, quando dice: "se avessi mantenuto la giusta distanza un innocente sarebbe stato ancora considerato colpevole". Bisogna sempre avere la voglia di indagare, andare oltre, non fermarsi ai pregiudizi o adeguarsi a quelli degli altri.

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