Advertisement
Quel treno per Yuma: a 50 anni di distanza cosa cambia?

Rivisitazione di un genere che sembra aver smarrito un'identità: il western.
di Gabriele Niola

L'era dei grandi remake

venerdì 19 ottobre 2007 - Making Of

L'era dei grandi remake
Se dovessimo utilizzare una parola sola per descrivere il cinema delle grandi produzioni negli ultimi anni questa potrebbe essere unicamente "remake". Quel treno per Yuma arriva dunque solo come l'ultimo di una lunga serie di rivisitazioni di classici del cinema. Tuttavia probabilmente è quello che offre maggiori spunti per capire quali siano le idee che animano il cinema moderno.
Rifare infatti non è necessariamente un'operazione priva d'ingegno o di volontà, anzi, può essere un'occasione per rivedere alcune tecniche e dare nuova forma a contenuti già utilizzati, esplicitando una visione di cinema forte, o un modo per cambiare in parte i contenuti per adattarli alle forme di narrazione moderne. Esempi di tutto questo sono stati i remake di film horror come Le colline hanno gli occhi, Non aprite quella porta o Invasion, un filone che ha dato ottimi frutti.
Quel treno per Yuma cerca di trovare una via al remake di un genere, il western, che di suo non naviga in buone acque di questi tempi e che sembra aver smarrito un'identità.

Lo stato del western moderno
A tentare di ridare vita al genere western era arrivato in verità almeno un decennio fa Gli spietati di Clint Eastwood, ultima pellicola (in ordine di tempo) a tentare di portare ancora avanti un possibile discorso sul mito della frontiera e sulle figure archetipiche di un genere che dopo la contaminazione europea dello spaghetti western e le derive crepuscolari di Peckinpah, non era più riuscito a farsi portatore e metafora (come in passato) di una società (l'America) e di un modo di fare cinema e raccontare storie.
Gli spietati aveva portato il genere ancora più avanti nella disillusione e nella totale demolizione delle figure classiche. Nel film il protagonista è un criminale della peggior specie, ormai ridotto all'ombra di stesso, privo di carattere e di attrattiva. Lo sceriffo invece è il vero cattivo, la vera incarnazione maligna: corrotto e arrivista, uccide con gusto e per gloria. Cosa che ribalta totalmente le aspettative tradizionali.

La Yuma degli anni '50, retta e morale
Quel treno per Yuma di Delmer Daves è un western girato poco prima della grande decadenza del genere, quando le solite figure (sceriffo, prostituta, bandito e paesano) già cominciavano a essere messe in crisi e perdere i loro valori e ruoli granitici. Mostra la lenta conversione di un criminale della peggior specie (spietato e intelligente) a un lato morale della vita, convinto dall'incredibile rettitudine e dai valori di un semplice contadino. È una storia di male che si lascia sedurre dal bene e che suggerisce come (gli indiani stavano per essere riabilitati) forse quelli che abbiamo sempre individuato come i cattivi possono avere dei lati positivi.
È infatti il terribile Ben Wade il vero protagonista del film originale, una figura titanica che gode (verso l'inizio del film) di un dialogo molto significativo con una donna gestrice di un saloon, un dialogo asciutto e sincero che rivela da subito come si tratti di un personaggio atipico, pieno di dubbi, di disperazione e in cerca di una possibile redenzione.
Il tutto girato con uno stile antitetico al classico western (da sempre terreno di grande azione), molto riflessivo e calmo, fatto di parecchi interni e di dialoghi fitti e serrati. Uno scontro di intelligenze nel quale alla fine la più acuta delle due (quella di Ben Wade) è conquistata e vinta da quella più semplice e genuina.

La Yuma di oggi, insicura e pietosa
Quel treno per Yuma di James Mangold cambia molto dell'originale: cambia il finale, cambia il modo in cui gli eventi si svolgono (aggiungendo molta più azione e concentrandosi più sul viaggio che sull'arrivo), cambia i personaggi coinvolti e soprattutto cambia il focus di tutto, passando da uno scontro tra intelligenze a uno scontro tra due possibili figure paterne per il figlio del contadino: il padre vero (colmo di valori e deciso a tutto per la famiglia) e Ben Wade (affascinante e carismatico criminale, portatore di una filosofia spiccia e pragmatica).
Ciò che sembra venire fuori da come Mangold tratta il testo classico è la maggiore rilevanza che viene data oggi alle tematiche della paternità (al centro del cinema statunitense da almeno 20 anni), della formazione e della scelta della strada da seguire. Il film di Mangold non fa emergere la morale e lo scontro ideologico dai dialoghi, come in passato, ma dai fatti: Ben Wade che si decide a sparare al fianco del contadino nella cava o l'aiuto che gli dà nella fuga verso il treno, diluiscono la sorpresa del finale, alleggerendone la complessità ideologica.
Infine le figure sono profondamente diverse. Là dove nell'originale Ben Wade era una figura quasi da noir, piena di dubbi e in cerca di un domani migliore, qui è un criminale convinto, che solo incidentalmente pensa di poter trovare redenzione. Mentre il contadino non è più quell'uomo retto e inflessibile, ma un individuo per il quale alla fine il criminale prova pietà e che è "costretto" a fare quello che fa, per soldi inizialmente e per riconquistare il figlio in seguito.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati