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12: un film necessario per la Russia odierna

Mikhalkov tra Lumet e Doestojevski: "Facile amare l'umanità, ma dobbiamo imparare a considerare ogni singola persona".
di Pierpaolo Simone

L'incontro

venerdì 7 settembre 2007 - Incontri

L'incontro
Completo rigorosamente bianco e compostezza da uomo d'altri tempi, così il maestro russo Nikita Michalkov – apprezzato in tutto il mondo e autore di pellicole come Oci Ciornie e Pianola meccanica – si presenta al Lido per parlare del suo nuovo film 12, ispirato alla pellicola che nel 1957 diede i natali alla regia di Sidney Lumet con La parola ai giurati. Dopo aver lavorato con Marcello Mastroianni e Silvana Mangano e aver curato la regia di Partitura incompiuta per pianola meccanica negli anni '80 al teatro Argentina di Roma (col quale ricevette gli omaggi di un Federico Fellini stupito che attori italiani riuscissero a recitare così bene Checov), Mikhalkov torna in Italia per raccontare il suo film, mentre è tuttora impegnato nella lavorazione del sequel di uno dei suoi film più politici: Il sole ingannatore.

Maestro, come mai la scelta di girare un remake del film di Lumet e come lo ha trasformato?
Devo ammettere che non ho ancora visto il film e sono qui a Venezia proprio per assistere alla prima. A quanto mi è stato detto la stampa lo ha accolto molto bene e questo non può che farmi piacere. In realtà abbiamo girato 12 nelle pause cui siamo stati costretti durante la lavorazione del mio prossimo film (Il sole ingannatore 2), e mi pare sia uscito fuori un film necessario e a uso interno.

Di cosa parla il suo film?
12 è un film che parla della Russia ed è per la Russia. Non è un vero e proprio remake. Noi abbiamo solo pensato di prendere spunto da quella vicenda per raccontare una nuova versione più vicina ai nostri problemi. Avevo il desiderio di vedere delle persone della nostra società civile – più o meno stereotipate – alle prese con un caso all'apparenza semplice e immediato: condannare in dieci minuti uno sconosciuto, povero e per di più ceceno, accusato di parricidio. Un figlio di nessuno trattato con estrema superficialità, convinti poi, ognuno a suo modo, di aver adempiuto al proprio dovere.

Ma poi nel film le cose vanno diversamente e qualcuno disposto a insinuare un dubbio sulla sua colpevolezza c'è...
Non esiste una vita più importante di un'altra, di qualunque estrazione sociale si parli. Siamo tutti uguali, dovremmo impararlo. Il mondo non può fare a meno di nessuno di noi. Anche se ormai il nostro è un ascoltare stanco. Ci facciamo domande a vicenda senza neanche ascoltare le risposte e, il giorno che anche noi avremo bisogno di aiuto, nessuno sarà disposto ad ascoltarci. Doestojevski diceva che è facile amare tutta l'umanità, ma è difficile decidere per una sola persona.

Come vive il suo ritorno a Venezia e alla regia?
Sono davvero felice di essere stato invitato, ma continuo a fare il mio cinema senza condizionamenti. Lo dico anche nel mio film, nessuno può decidere dell'esistenza di un altro essere umano. Credo fortemente nel libero arbitrio e non accetto che altri esseri umani imitino la vita o le credenze di qualcun altro. A ciascuno il compito di difendere le proprie radici, solo così si può davvero diventare internazionali.

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