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Ciak, se giri ti sposo

Il cinema estivo torna a percorrere navate infiorate e a impalmare nuovi divi.
di Marzia Gandolfi

Tutta colpa di Spencer Tracy?

mercoledì 18 luglio 2007 - Approfondimenti

Tutta colpa di Spencer Tracy?
Può darsi.
Da quando il suo Stanley T. Banks (Il padre della sposa, 1950) accompagnò Elizabeth Taylor all'altare il cinema non ha più smesso di percorrere navate infiorate e impalmare attori, attrici e starlette. Così ha accumulato un numero imprecisato di dichiarazioni d'amore e di messe in scena di matrimoni, ha passato in rassegna altrettanti anelli di fidanzamento, di abiti da sposa e di immancabili baci davanti all'altare. La storia è nota. Lui e lei si conoscono, si innamorano e si sposano. Declinazioni diverse di sitcom sentimentali che dichiarano l'identità nazionale, esibendo allo stesso tempo forti connotazioni comuni: a partire dall'ambientazione metropolitana, preferibilmente newyorkese in quelle hollywoodiane, passando per l'uniforme collocazione sociale dei protagonisti o per lo sviluppo interclassista della vicenda, fino al retrogusto fiabesco, al solido contorno di comprimari e alla rigida prevedibilità dell'intreccio. La commedia matrimoniale è diventata un vero e proprio macrogenere, un filone aurifero sospeso tra canone classico e nuove articolazioni, che non mancheranno di diffondere un profumo intenso di fiori d'arancio anche sull'estate in corso. Manuale d'infedeltà per uomini sposati, Licenza di matrimonio, Il bacio che aspettavo, Confetti, Agente matrimoniale, Io vi dichiaro marito e... marito, Quattro amici e un matrimonio, sono alcuni dei titoli usciti e in uscita sui roventi schermi dell'estate 2007. In una ripetizione estenuante di situazioni, gesti, espressioni e sorrisi nuove reginette del genere matrimoniale tenteranno di fare scarpe e velo a Julia Roberts, sposa sfuggente di Richard Gere (Se scappi ti sposo, 2000) che vorrebbe sposare Dermot Mulroney, che impalma invece Cameron Diaz (Il matrimonio del mio migliore amico, 1996). Con meno ambizione, si potrebbe strappare il sogno in bianco a Sandra Bullock, piovuta dal cielo direttamente tra le braccia di un Ben Affleck quasi sposo. O ancora, stringendo l'abito nuziale, le aspiranti "sposattrici" potranno indossare 'il giorno più bello della vita' di Jennifer Lopez, programmatrice di nozze che innamora Matthew McConaughey (Prima o poi mi sposo, 2001) e che quattro anni dopo sposa (di nuovo sullo schermo) Michael Vartan, scartando la bella e velenosa suocera di Jane Fonda (Quel mostro di suocera, 2005).

Bella, rossa e dice sempre sì
Riabilitata dai marciapiedi di Los Angeles dal fascino e dai quattrini del miliardario Richard Gere, Julia Roberts ha letteralmente inanellato una serie ragguardevole di matrimoni cinematografici, "battendo" la strada del successo, che da Hollywood Boulevard arriva idealmente sulla panchina di Notting Hill. In mezzo, tra Pretty Woman e Notting Hill, tra il principe Gere e l'uomo qualunque Hugh Grant, si sposa col nemico (A letto con il nemico, 1991), è tradita da Dennis Quaid nella maldicente provincia americana (Qualcosa di cui sparlare, 1995), è sposa stoica e diabetica nei Fiori d'acciaio di Herbert Ross, che gli valgono la nomination all'Oscar, è la country girl irrequieta in fuga a piedi o a cavallo dal marito di sempre: l'ex american gigolo buddista, che finirà per sposarla conducendola nella città, riserva protetta del genere romantico (Se scappi ti sposo, 2000). Per le spose del cinema a venire è insomma Julia la regina in bianco da eguagliare, per i registi di matrimoni è Pretty Woman, capostipite della rinascita del genere negli anni Novanta, il blockbuster da re-inventare. Lungo la navata che conduce al marito e al trionfo, curve e sbandate sono ammesse, rimesse e dimenticate (Scelta d'amore e Linea mortale). Come?
Sul marciapiede di Hollywood Boulevard al posto di Vivian Ward c'è la stella di Julia, orlata con riso e fiori d'arancio.

About a boy
Senza volerlo o volendolo il risultato non cambia, Hugh Grant è diventato il re della commedia rosa trasformando la sua "qualunquità" in carisma. L'aria timida e dimessa, il look alla Dylan Dog e il vizio tutto cinematografico di essere sempre a un passo dalle nozze (Notting Hill, 1999; Mickey occhi blu, 1999; Love Actually, 2003) o nelle vicinanze di una cerimonia nuziale (Quattro matrimoni e un funerale, 1994) hanno fatto dell'attore inglese la risposta maschile al largo sorriso della sposa Julia. L'analisi comparativa degli eterni sposi separati dall'Atlantico non è sfuggita probabilmente agli ideatori di Notting Hill. Azzardiamo un'ipotesi. Studiando una combinazione cinematografica hanno riprodotto gli elementi costitutivi delle pellicole che hanno segnato e lanciato le carriere dei due divi. Se alla commedia ruffiana del cinema inglese, Quattro matrimoni e un funerale, si somma il successo planetario di Pretty Woman, si ottiene Notting Hill, una commedia gradevole dove il paradigma dell'abbonato ai matrimoni altrui chiede in sposa la mantenuta di Gere. Si gioca al cinema e al matrimonio a parti ribaltate: Julia, miliardiaria diva del momento, incontra in libreria Hugh, umile e rassegnato venditore di libri di viaggio. Il britannico Grant appartiene a quella schiera di attori che si impongono per naturalezza e non lasciano il sospetto di essere pensati e costruiti a tavolino. Sullo schermo e nella vita, dentro i jeans o alle crinoline (Ragione e sentimento, 1995) ha offerto il proprio corpo sull'"altare" dello sguardo, senza temere ruoli sgradevoli o situazioni compromettenti. Difficile capire dove finisca l'uomo e cominci l'attore se il cinema e la realtà lo pescano a desiderare fortemente una pretty woman.

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