Transformers
Presentato qualche giorno fa al Taormina Film Fest, il nuovo film di Michael Bay prodotto da Steven Spielberg riporta in auge un fenomeno che negli anni '80 appassionò i ragazzini di tutto il mondo. "Spielberg mi ha chiamato quando ancora non c'era sceneggiatura", ha spiegato il regista californiano durante la conferenza stampa. "Abbiamo scelto i robot una volta finito di scriverla, quando abbiamo iniziato a girare". Dalla parte dei buoni, gli Autobot, ritroviamo Ironhide (conosciuto in Italia con il nome di Falco), Jazz (o Tigre), Bumblebee e ovviamente Optimus Prime. Dalla parte dei cattivi Decepticon, capeggiati da Megatron, ci sono Starscream, Barricade, Frenzy (o Tremor).
"Abbiamo condotto un sondaggio per scoprire quali fossero i nostri robot preferiti, e poi abbiamo girato la domanda ai fans dei Transformers", ha rivelato il produttore Lorenzo di Bonaventura. "Sicuramente ci sarà qualcuno che ci rimarrà male, ma era impossibile menzionarli tutti nel film. Per riprodurre i robot abbiamo preso i vecchi giocattoli e per capire come funzionavano cercavamo di riassemblarli con scarsi risultati. Abbiamo dovuto chiedere a dei bambini di farlo per noi".

Qual è l'aspetto di Transformers che l'affascina di più?
Michael Bay: Mi piace l'idea di due mondi che si confrontano e che condividono una specie di nucleo comune. Quando faccio un film cerco sempre di dare al pubblico un'angolatura diversa delle cose, per questo mi lascio guidare dalle immagini, cercando di visualizzarle nella mia mente. È come se avessi già in testa una sorta di montaggio visivo, iconico. Quando Steven ha visto il film continuava a ridere come un matto, specialmente quando gli ho mostrato la scena dei robot che si nascondono nel giardino di Sam. Rideva e mi dava le pacche sulla gamba. "Non ho mai visto dei robot fare questo genere di cose!" mi ha detto.

Avete realizzato un'analisi di mercato per capire come il pubblico lo avrebbe recepito?
Michael Bay: No, in realtà ci siamo affidati all'istinto, ma finora il pubblico ha dimostrato di capire e amare il film. Abbiamo ottenuto ottime reazioni in Corea e in Australia. Tutti lo hanno accolto molto bene finora e quello che mi ha colpito e mi è piaciuto di più è che tutti hanno applaudito nello stesso momento e alle stesse scene, anche se naturalmente con qualche differenza paese per paese. Credo questo dipenda anche dal fatto che abbiamo messo in evidenza il livello umano del film. Volevamo che fosse chiaro e vivo lo spirito umano del dialogo tra l'essere umano e i robot.

Come ti sei preparato per la parte?
Shia Labeouf: Non avevo mai fatto un film così importante, per cui mi sono preparato tanto. Mi sono calato nel personaggio pensando che è molto giovane, non ha alcuna esperienza di vita, viene da una famiglia benestante che lo protegge, anche troppo perché è nevrotica. Sam vuole togliersi di dosso l'aria provinciale che ha per conquistare questa ragazza bellissima che poi scopre anche essere una dura.

Ci sono state delle difficoltà sul set?
Shia Labeouf: In alcuni momenti ho pensato che avrei dovuto lottare per sopravvivere durante le riprese, per esempio nella scena in cui sono inseguito dai cani. Anche se erano stati addestrati, non smettevano di corrermi dietro, e me la sono vista brutta. Michael continuava a dirmi che ero pagato più degli stunt, per cui certe cose dovevo farle. Certo, quando si fa un film si lavora tutti insieme e la sicurezza è sempre stata molto alta, però il fattore paura c'è stato e ho anche qualche cicatrice, sia fisica che mentale.