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XXY e il coraggio di una regista

Il controverso film di Lucía Puenzo presentato al Taormina Film Fest.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Lucía Puenzo

giovedì 21 giugno 2007 - Incontri

Lucía Puenzo
Cresciuta in una famiglia di cineasti più incline alla direzione che non alla scrittura (il padre è il regista Luis Puenzo e i fratelli hanno tutti seguito le sue orme), Lucía Puenzo non ha mai pensato che il passaggio alla regia fosse così ovvio. Prima di sedersi dietro la macchina da presa si è dedicata per anni alla scrittura, ha pubblicato i romanzi "El niño pez" ("Il bimbo pesce", che sta adattando per il grande schermo), "9 minutos" e "La maledición de Jacinta Pichimahuida" e ha collaborato come co-sceneggiatrice a La puta y la ballena per la regia del padre Luis, A través de tus ojos di Rodrigo Fürth, nonché alla miniserie horror Sangre fría. Nel frattempo sta lavorando a un libro che negli Stati Uniti sarà prodotto - pare - da Stephen King. Ma al momento i riflettori sono puntati sulla giovane regista argentina (trentaquattro anni il prossimo 28 novembre) per il suo esordio in lungo, XXY, già premiato a Cannes nella Settimana della Critica e fresco di presentazione al Taormina Film Fest.

Qualcuno ha giudicato il titolo del suo film fuorviante.
Il titolo del film è una metafora dell'intersessualità in generale, un invito a guardare ciò che accade a una persona che non si colloca nella divisione binaria maschio o femmina a cui è legata la nostra società. La maggior parte delle persone è inconsapevole del fatto che molti neonati nascono in una condizione conosciuta come ambiguità genitale. Molto spesso la medicina interviene in tenerissima età con un'asportazione chirurgica che lascia segni profondi, in modo più o meno cosciente. I genitori del mio personaggio fanno una scelta diversa, ma il mondo esterno reagisce secondo convenzioni profonde e così fa anche Alex.

Il film fa luce sulla difficile decisione di assumere un sesso piuttosto che un altro.
Sì. Un ragazzo che si è sottoposto a quello che viene comunemente chiamato "normalizzazione" una volta mi ha detto che non c'è nulla di peggio che aver paura del proprio corpo. Lui è cresciuto con la cicatrice dell'intervento chirurgico sulla pelle. Nel procedimento della castrazione, la paura per l'ambiguità genitale diventa la metafora per tutte le amputazioni prodotte dalla paura di essere diversi. Comunque XXY è una storia nella quale chiunque può identificarsi, al di là dell'intersessualità.

Come è stato lavorare con i ragazzi, soprattutto nella scena di sesso?
Eravamo tutti molti ansiosi per quella scena, ma alla fine è andata bene. Abbiamo deciso di girarla lasciando un po' di intimità ai due attori. Oltre a loro c'eravamo solo io e la direttrice della fotografia Natasha Braier, il resto del cast e dei macchinisti è rimasto fuori dalla stalla per tutto il tempo. Abbiamo lavorato molto a quella scena, avevamo bisogno di tempo e calma. C'è voluto un giorno intero per girarla, ma Inés e Martín sono stati bravissimi, non avevano paura, e hanno contribuito molto affinché risultasse reale.

Prima di essere regista lei è una scrittrice.
La letteratura è uno spazio di libertà assoluta all'interno del quale, personalmente, mi sento più felice. Considero la scrittura un piacere, e quando capita che per altri impegni non riesca a scrivere neanche un paio di righe per un giorno intero mi viene una sorta di crisi d'astinenza. A mio avviso il cinema è molto simile alla letteratura, soprattutto per via delle descrizioni dei personaggi. Dopo dodici anni di scrittura, con XXY è stata la prima volta, dopo un paio di cortometraggi, che ho sentito la necessità di mettermi dietro la macchina da presa.

Ha scelto comunque un testo letterario per debuttare al cinema.
Sì, XXY è tratto da un testo di Sergio Bizzio, uno scrittore argentino che ammiro molto. È la storia del risveglio dei sensi di una giovane intersessuale. Quando ho letto il racconto di Bizzio mi sono ricordata di come ci si sente di fronte a una delle esperienze più inquietanti della nostra vita, quando si scopre il desiderio carnale. Così ho cominciato a scrivere il film con una precisa immagine in testa: il corpo di una adolescente in cui convivono due sessi.

Cosa le interessa maggiormente nel cinema e quali sono i registi che le piacciono?
Quello che mi interessa maggiormente nel cinema sono i personaggi, non tanto le tecniche utilizzate. Ad esempio mi piacciono John Cassavettes o Todd Solondz, autori del cinema indipendente nord americano che lavorano in una cornice che racchiude il dramma e l'umorismo. Inoltre amo cineasti come Bruno Dumont, Robert Bresson o Werner Herzog, ma anche le commedie di Woody Allen.

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