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Pirati coraggiosi ai confini del mondo

Naufragato nell'isola che non c'è, torna Capitan Sparrow, pirata felpato dallo sguardo morbido e il tocco gentile.
di Marzia Gandolfi

L'isola che non c'è

venerdì 18 maggio 2007 - News

L'isola che non c'è
Qual è il segreto dei Pirati dei Caraibi? Nessun incantesimo, amuleto o maledizione, piuttosto un viaggio possibile sulle ali della fantasia. I filibustieri di Verbinski stimolano lo spettatore, grande e piccino, perché non hanno la solidità monolitica degli eroi, la loro testardaggine, i loro nobili propositi. Sono contrabbandieri, giocatori d'azzardo, imbroglioni immatricolati e come in una crociata simpatica si uniscono a ogni genere di creatura per conseguire una vittoria o togliersi una soddisfazione. Nei pirati dei sette mari lo spettatore riconosce le proprie imperfezioni e i propri difetti, promuovendoli a veri eroi ed eroine della storia. Sono goffi e pasticcioni, litigiosi e petulanti, parteggiano per i buoni come per i cattivi, evitano la morte o al massimo, nei momenti più drammatici, possono passare per "quasi morti".
Nel terzo capitolo della saga stanno per spingersi al di là delle colonne d'Ercole, del mondo conosciuto e conoscibile, alla ricerca di Jack Sparrow. Che fine ha fatto il capitano della Perla Nera? Alla fine della Maledizione del forziere fantasma finiva inghiottito da un kraken, una mostruosa creatura mitologica, e trascinato anima e corpo nelle profondità del mare. La sospensione è dunque la caratteristica propria di questa storia come di tutte le storie basate su un continuum di equilibrio-squilibrio-riequilibrio. Nella spinta evolutiva del racconto per immagini di Verbinski c'è un divenire, una progressione che condurrà all'estremo limite l'esperienza umana dei tre protagonisti, Jack, Elizabeth e Will, trasformandoli (forse) in adulti. Il terzo e conclusivo capitolo della trilogia è la storia di una ricerca. Niente Graal o Vello d'oro, gli "argonauti" cercano il loro amico e capitano che ha varcato la soglia di un mare, verso un'isola che non c'è.

Uno, due e tre
La massiccia irruzione dei personaggi cinematografici nell'immaginario collettivo appare destinata a ridimensionare la persistenza di quelli della letteratura d'avventura. La letteratura per ragazzi che piace tanto anche agli adulti ha rappresentato e rappresenta una fonte ricchissima di trame e personaggi per il cinema, che con le sue caratteristiche strutturali ha la capacità di rinnovare quelle stesse storie. Recuperato come un tesoro il romanzo di Stevenson, Verbinski costruisce la sua trilogia sul modello tradizionale del racconto avventuroso ottocentesco. Una storia puramente irreale, meravigliosa, del tutto implausibile dal punto di vista fisico e scientifico e proprio per questo irresistibile. Rapimenti, fughe, ritrovamenti, agnizioni, ammutinamenti, mappe e tesori sono tutti elementi mutuati dall'universo fantastico dello scrittore scozzese e gettati nel mare nero ricreato da Verbinski una, due e tre volte. Nel sequel, ossia nelle puntate di un prototipo di successo, l'oggetto filmico più commerciale e spendibile che ci sia, il dispositivo non cambia mai. Nel primo episodio si stabiliscono i personaggi e l'ambito d'azione di loro competenza, si segnano i confini e si disegnano le traiettorie, nel secondo si eccedono i limiti dell'avventura posti da quello precedente, nel terzo c'è la risalita alle origini e la fondazione del mito.
La maledizione della prima luna è ambientato nell'età d'oro della pirateria, la sua storia, come quella avventurosa di Stevenson, salpa da un porto inglese, Port Royal, in direzione di una remota isola dei Caraibi dove un tesoro verrà restituito invece che sottratto. La licenza muta in ghost story l'avventura piratesca, virando verso rotte spettrali e navigando su un mare di sinistre apparizioni. Nella Maledizione del forziere fantasma le acque si fanno ancora più minacciose e gli abissi, governati dal terribile Davy Jones, inghiottiranno l'antieroe smargiasso che ha osato sfidarlo. Tradizionalmente è nel secondo "atto" che le cose cominciano ad andare male. Jack Sparrow varcherà la soglia, verso il vuoto e l'ignoto. Al di là della soglia, c'è da scommetterci, il mondo non è più lo stesso, le regole ordinarie sono sospese e Jack dovrà obbedire a una logica nuova ancora tutta da scoprire e da capire. Il capitano Sparrow è un personaggio sospeso in un luogo sospeso, il mare. Impossibile misurarne i confini e contarne le gocce su cui scorre tanta letteratura: dall'epica di Omero a quella salgariana, dal Crusoe di Defoe ai Capitani coraggiosi di Kipling, dalla Linea d'ombra di Conrad al Mississippi di Twain. L'acqua come uno specchio diventa l'elemento propizio per conoscersi e riconoscersi.

Il filibustiere, la dama e il fabbro
Sono salpati in tre da Port Royal e approderanno in tre ai confini del mondo, coi calzoni lunghi e una buona scorta di armi e di coraggio: Elizabeth Swann, Will Turner e tra loro, immancabilmente nel mezzo, Jack Sparrow, avventuriero allergico alle regole e ai protocolli. Al pirata felpato di Johnny Depp, dallo sguardo morbido e dal tocco gentile, è sufficiente un passaggio sullo schermo per stravolgere le regole dell'attrazione. Come in Edward mani di forbice è segnato dall'impossibilità di toccare le persone senza ferirle. Potrebbe mai amare Elizabeth senza addolorare Will? La bella Elizabeth di Keira Knightley, figlia ribelle del governatore di Port Royal, eterna promessa sposa di Will, a disagio nei corsetti e attiva a bordo, nei calzoni e con la spada. Di lei, donna d'azione emancipata dai merletti, è perdutamente innamorato il fabbro-spadaccino di Orlando Bloom, che è costretto una volta di più a rinunciare all'amore per seguire la propria missione: salvare il padre, il pirata Sputafuoco.
Come il protagonista dell'Isola del tesoro, Will cambia vita quando nella sua bottega piomba Sparrow: pirata fricchettone provvisto di bussola, sciabola e cappello, e sprovvisto di mano meccanica, occhio finto, gamba di legno. Un capitano senza la saggezza dei capitani, che metterà in mare Will ed Elizabeth conducendoli lungo rotte commerciali, dentro arrembaggi e battaglie campali, a ricevere segni e investiture. Il cinema, che ha per oggetto privilegiato il corpo attoriale, assegna ai tre amici battaglieri un'impresa da perseguire con un po' di polvere da sparo e un pizzico di polvere di fata. Pirati ai confini del mondo è la chiusura del cerchio, il ritorno a casa e la conclusione del nomadismo piratesco di un filibustiere, una dama e un fabbro. Spiati dalla sala o da una botte di rum.

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