La febbre di Hollywood per i fumetti sembra non esaurirsi mai. Gli incassi record incentivano le case di produzione e addetti marketing a sbizzarrirsi tra sequel, prequel, spin-off... Ma è la mancanza di idee che li spinge a gettarsi a capofitto nel calderone degli eroi di carta, da sempre fonte inesauribile di storie che ben si adattano al linguaggio del cinema? O, più semplicemente, gli studios ne hanno imbroccata una e la sfruttano finché è una proficua fonte di guadagno?

Consapevoli della nostra falsa ingenuità, preferiamo credere che il cinema e il fumetto siano due universi che si sono sempre attratti. Sarà che la loro data di nascita coincide per una manciata di settimane. La prima proiezione dei fratelli Lumiere a Parigi cade nel 28 dicembre 1895 mentre la prima pubblicazione di Yellow Kid, scritto e disegnato da Richard Felton sulle pagine del "New York World" il 16 febbraio 1896. Sarà che i due linguaggi semplicemente si assomigliano visto che entrambi raccontano per immagini.

Le loro storie sono corse parallele negli anni incrociandosi spesso, ma si sono davvero fusi solo oggi grazie alla tecnologia digitale. Ci riferiamo in particolare a Sin City (2005) di Frank Miller e Robert Rodriguez, esperimento riuscito di restituire con fedeltà maniacale i disegni di Frank Miller sullo schermo senza snaturare la sua graphic novel originaria. Certo, i primi film ispirati agli eroi di carta Buck Rogers, The Adventures of Captain Marvel, L'Uomo mascherato, Batman, Superman e Capitan America realizzati negli Anni '40 non danno altrettanta soddisfazione...

La pellicola che inaugura il sodalizio cinema e fumetto è Barbarella (1968) di Roger Vadim con una Jane Fonda nei panni dell'eroina sexy di Jean Claude Forest ispirata in realtà a Brigitte Bardot. Jane Fonda comunque fa la sua figura - soprattutto nello spogliarello in assenza di gravità sui titoli di testa - diventando un'icona della moda spaziale creata dallo stilista Paco Rabanne. Dello stesso anno è il coloratissimo Diabolik di Mario Bava con John P. Law e Marisa Mell basato sulla serie delle sorelle Giussani che Tullio Kezich ha definito "uno dei più stupidi film degli anni Sessanta". Eppure, con il loro stile pop, trasgressivo e parodistico i due film sono ormai un culto che incarna alla perfezione il clima del periodo.

Dieci anni dopo il cinema ci riprova e questa volta fa le cose in grande: Superman (1978) di Richard Donner con Gene Hackman (Lex Luthor), Christopher Reeve (Superman) e Marlon Brando (suo padre) è un vero kolossal, costato alla produzione 35 milioni di dollari (quattro dei quali spesi per i dieci minuti di Brando), un vero record per l'epoca. Il successo è clamoroso tanto che si decide di dare il via a ben tre sequel: Superman II (1980), Superman III (1983), Superman IV (1987). Il personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster però risulta piatto, determinato (e monotono) com'è nel suo unico obiettivo di salvare il mondo, e lo stile al limite del risibile.

Ancora più goliardico è Flash Gordon (1980) di Mike Hodges: prodotto da Dino de Laurentis (che ha sborsato 18 milioni di dollari) tra il laccatissimo Sam J. Jones, un'Ornella Muti assatanata e la colonna sonora dei Queen, ha ben poco a che fare con il fumetto fantastico di Alex Raymond.

Esagera i caratteri pure Warren Beatty, che nel 1990 porta sullo schermo la serie di Chester Gould ambientata nella Chicago del proibizionismo Dick Tracy. La fotografia di Vittorio Storaro (definito "l'autore della fotografia" nei titoli di testa) utilizza solo i colori primari tipici di un fumetto, malgrado l'albo originale fosse bianco e nero. Nel cast figurano Madonna, Al Pacino e Dustin Hoffman, questi ultimi trasfigurati con maschere di gomma sagomate sui volti "veri" delle strisce che li rendono ancora più violenti e caricati.

...Continua »