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Rainer Werner Fassbinder

Rainer Werner Fassbinder. Data di nascita 31 maggio 1945 a Bad Wörishofen (Germania) ed è morto il 10 giugno 1982 all'età di 37 anni a Monaco di Baviera (Germania).
Nel 1979 ha ricevuto il premio come premio speciale al Festival di Berlino per il film Il matrimonio di Maria Braun.

La paura mangia il regista

A cura di Fabio Secchi Frau

Un tedesco che sapeva parlare della Germania nazista e post-nazista con così tanta sensibilità non s'era mai visto fino ad allora. Rainer Werner Fassbinder, in effetti, fu al di sopra di ogni aspettativa di critica e pubblico e, con una libertà artistica che si era conquistato negli anni, non si limitò alla dimensione cinematografica, dove già spopolava, ma diventò una delle icone teatrali per eccellenza come esponente dell'Anti-Teatro, imponendosi inoltre come commediografo, scrittore, attore, produttore e intellettuale attivissimo e prolifico del suo tempo. Un Pasolini obeso, sofferente, omosessuale, drogato, senza Dio e senza speranza. In continua lotta con le mille facce di se stesso. Niente poteva salvarlo dall'autodistruzione. L'amore è una parola impastata nella saliva, troppo complicata da spiegarsi, a volte si confonde persino con la solitudine. La vita è un cielo grigio sul punto di piovere, che potrebbe benissimo scatenare una tempesta anche in una stanza. La sodomia è violenza e affetto. La morte è un rifugio silenzioso, in bianco e nero, senza sorrisi.
È balzato in testa ai botteghini con ritratti di donne che arrancano nella miseria, le cui vite sono intrise di dolore. Paradossalmente, non poteva andargli meglio! Con molti sacrifici, ancora oggi viene considerato una prova tangibile che se si possiede talento, il mondo intero è pronto a riconoscerlo e a rispettarlo. La sua vita, in particolare, fu fatta di incredibili coincidenze. A volte la chiusura di una porta significò l'apertura di un portone e quei melodrammi con la Bacall diretta da Douglas Sirk - che lui amava tanto guardare da bambino - lo portarono, avanti negli anni, a essere diretto da quell'autore in persona. È un cinema quello di Fassbinder che non è fatto per i vincenti, ma solo per coloro che stentando, con enormi e imperdonabili errori, rimorsi e rimpianti sulle spalle. Non crede al sogno americano (era fortemente anti-statunitense), non crede a quella Hollywood stucchevole ed edulcorata anche se è proprio il mito americano quello che affiora come modello, svuotato di tutta la sua sicurezza e imbottito di nevrosi, frustrazioni e sessualità. Il cinema deve essere come la vita: ruvida e realistica. Questa è la sua filosofia. La vita fa terrore perché mangia l'anima assieme alla paura. Il suicidio è l'unico atto d'affetto verso noi stessi. Fassbinder è stato un regista che ha fatto i conti con se stesso, che concettualmente lasciava che il sociale trapelasse nel personale, raggiungendo mirabili risultati che arricchivano le sue opere di metafore di una Germania sbagliata e bellica, critica e sconfitta, ma soprattutto col capo costantemente chino per le sue colpe e in cerca di una qualunque espiazione. E per farlo usava ogni stratagemma, dalla formalità di un cinema da camera al racconto a scatole cinesi.
Figlio di un medico e di una traduttrice che divorziarono quando era ancora molto piccolo, Rainer visse con la madre, la quale si servì del cinema come di un asilo in cui lasciarlo per poter lavorare indisturbata. Il grande schermo diventò così un ossessione per il piccolo che arrivava a vedere dai tre ai quattro film al giorno. Annoiato dagli studi scolastici, soffrì di crisi depressive che disturbarono la sua istruzione. Ma non fu solo la noia e la forte apatia a svilire il giovane. Rainer era omosessuale e viveva la sua omosessualità come una malattia inaccettabile. All'età di 15 anni però, Fassbinder dichiarò la sua omosessualità e presto, lasciò la scuola, mettendosi in cerca di un lavoro. Ma non voleva un lavoro qualsiasi, anche perché si sentiva fortemente spinto nel campo artistico. Nel 1965, fece domanda di ammissione per la scuola superiore di cinema di Berlino, ma venne respinta, così seguì alcuni corsi di recitazione ed entrò nell'avanguardia dell'Action Theater di Monaco, dove conobbe colei che divenne la sua migliore amica, l'attrice Hanna Schygulla. Con lei, studiò teatro per tutta la metà degli anni Sessanta al Fridl-Leonhard Studio di Monaco, dando luogo all'Anti-Teatro nel 1967.
Già dal 1966, cominciò a utilizzare la macchina da presa firmando e interpretando cortometraggi come "Il vagabondo" (1966) e "Il piccolo caos" (1966), lasciandosi dirigere a sua volta nella pellicola Mit Eichenlaub und Feigenblatt (1968) di Franz-Josef Spieker. Diversamente da altri autori della New Wave del cinema tedesco (Schlöndorff, Herzog e Wenders), non appena Fassbinder cominciò a fare dei film, mise mano a ogni particolare delle sue opere in ogni fase della loro produzione: dalla sceneggiatura alla scenografia, dalla direzione degli attori fino ai costumi, portando quello che era il metodo di gestione teatrale nella creazione di un film. Questa versatilità gli rese più facile ogni cosa: compositore, operatore cinematografico e disegnatore, grazie agli anni passati sul palcoscenico, sviluppò intorno a lui una sorta di piccolo entourage (sua madre, le sue amiche e i vari amanti) che lo coadiuvarono nelle diverse tappe. Il tutto gli permise di produrre rapidamente i suoi film, con costi estremamente bassi. Così nacque la Tango-Film, la sua casa di produzione.
Ventitré sono i film con la Schygulla, ventiquattro quelli con Irm Hermann, numerosi sono invece quelli dove appare anche solo per pochissimi secondi, nel puro stile Hitchcock. Nonostante il primo bellissimo film, L'amore è più freddo della morte (1969), per Fassbinder il successo non arrivò subito. Arrivò invece il matrimonio (inspiegabile) fra lui e l'attrice Ingrid Caven che durò solo due anni (dal 1970 al 1972) per ovvi motivi.
Attenzione alla puttana santa (1971) e Le lacrime amare di Petra von Kant (1972) lo mettono in luce come "un autore tedesco che fa film tedeschi per un pubblico tedesco" (così egli come amava definirsi) e lo fanno interagire con altri esponenti connazionali di quel periodo come Volker Schlöndorff che lo dirigerà ne "L'improvvisa ricchezza della povera gente di Kombach", film tv del 1971. La paura mangia l'anima (1973) gli fa vincere il Premio FIPRESCI a Cannes. La storia di un'anziana donna di pulizie che, vedova, si risposa con un immigrato marocchino è uno scandalo, nonché un pugno sferrato ai benpensanti. Ampiamente censurato e bloccato da una controversia legale sui diritti del romanzo da cui era tratto ("For the Rest of Her Life" di Cornell Woolrich) è il film tv Martha (1973), storia di una donna che sposa un sadico, dal quale tenterà più volte una via di fuga.
Dopo aver diretto la pellicola drammatica Effi Briest (1974), entra a far parte della Giuria del Festival Internazionale di Berlino nel 1977, e, instancabile, si presenta l'anno dopo con Il matrimonio di Maria Braun, da molti decantato come il suo più grande capolavoro e primo mattone di una quadrilogia sulla Germania post-nazista. La storia di una giovane tedesca che, sposa di guerra, riesce a diventare una brillante donna d'affari grazie a un giro di prostituzione e mercato nero, incanta critica e pubblico e descrive con cruda precisione pensieri e ideali in uno scenario considerato terreno tabù per gli artisti tedeschi. Lo stesso anno, dolorosamente ispirato al suicidio del suo amico e amante Armin Meier, esce Un anno con 13 lune. Il cinema di Fassbinder comincia a parlare di quei delicati equilibri delle donne che lui descrive con testardaggine e senza alcuna diplomazia. L'universo femminile si spoglia con grande umiltà, mostrando le sue fragilità, i suoi dubbi e timori, la dolcezza, la sensibilità e l'umanità.
Vincitore del Luchino Visconti Award, avrà la fortuna di essere diretto da colui che lui giudica il suo ispiratore: Douglas Sirk in Bourbon Street Blues (1979), pellicola girata a 6 mani con Hans Schönherr e Tilman Taube. Sarà poi la volta di Lili Marleen (1980) con il nostro Giancarlo Giannini e il telefilm Berlin Alexanderplatz (1980). Lola (1981) con una delle sue attrici feticcio, l'ottima Barbara Sukowa, e il nostro Mario Adorf, è una prova di regia impeccabile, similmente si potrà dire anche di Veronika Voss (1982), che rende omaggio a Viale del tramonto di Billy Wilder e che, meritatamente, vincerà l'Orso d'Oro.
Querelle de Brest (1982) è il suo ultimo film, la morte porta via Fassbinder in una notte di giugno del 1982, dopo un'overdose di cocaina associata all'uso eccessivo di sonniferi. Lasciò incompiuta una sceneggiatura sulla vita di Rosa Luxemburg. Ma nonostante questo, molte delle sue sceneggiature e dei suoi scritti, hanno trovato la luce postumi. È il caso di Gocce d'acqua su pietre roventi (2000) di François Ozon.
Con la morte di Fassbinder si chiude la New Wave tedesca. In 36 anni di vita, di cui 13 di attività artistica, questo autore è riuscito a girare ben 40 film, a scrivere 12 commedie, a firmare oltre 30 regie teatrali, nonché vari adattamenti radiofonici, senza considerare la vasta produzione letteraria. In Italia, per via dei temi trattati e dell'integralismo cattolico imperante, nonostante fosse attivo durante i fomenti del '68, "arrivata tardi e male", come avrà da dire qualche critico. Esorcizzare l'orrore di un'esistenza ricca di borghesismi, di piccole follie e di preconcetti con esplosione dell'inconscio gli hanno portato la nomea di artista maledetto. Pochi capiscono che Fassbinder in realtà è rimasto quel bambino angosciato che, in una sala cinematografica, guardava la vita di tutti i giorni passargli fra le dita, senza afferrarla mai.

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