Durante la sua vita ha ricoperto molti ruoli, così tanti che si può parlare più di mutazioni che di professioni: avvocato, scrittore, giornalista, atleta con tanto di medaglie d'oro, campione italiano di tennis, olimpionico nella disciplina sciistica, esploratore a capo di ben 8 spedizioni geografiche in zone allora considerate ai limiti del mondo, pilota in volo sull'Atlantico con record mondiali. Di stirpe nobile, il Conte Bonzi si affacciò al cinema sposando la bellissima e fatale attrice Clara Calamai, la prima donna del cinema italiano a mostrare il suo seno nudo in una pellicola (La cena delle beffe, 1934).
Fu grazie a questa unione che il nobiluomo si avvicinò all'uso della cinepresa diventando produttore e regista di documentari come Una lettera dall'Africa (1951), coadiuvato da Maner Lualdi, ma soprattutto Continente perduto (1955) che vinse il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes, nonché la Grande Placca d'Argento al Festival di Berlino. Nella veste di solo finanziatore, portò alla luce il documentario Magia verde (1952) di Gian Gaspare Napolitano e La muraglia cinese (1958) di Carlo Lizzani, che gli fece vincere il David di Donatello come Miglior Produttore nel 1958.
Edificante (fra il 1962 e il 1965) fu anche la sua collaborazione con il Comune di Segrate. In cambio dell'impegno a provvedere alle opere di urbanizzazione (strade e servizi), l'ente pubblico autorizzava il Conte Bonzi la costruzione di abitazioni per 2 milioni e mezzo di metri cubi in un'area di 712 mila metri quadrati, innalzando cinque villette (che poi vendette alla Edilnord di Silvio Berlusconi). Il suo ultimo contatto con il cinema fu nel 1974, ma non regista o impresario cinematografico, bensì come attore ne La gran aventura (1974) di Emilio Vierya. Incontestabilmente è stato uno dei più primi e più grandi documentaristi italiani del Novecento.