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Park Chan-wook

Park Chan-wook è un attore sudcoreano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, è nato il 23 agosto 1963 a Seul (Corea del sud).
Nel 2022 ha ricevuto il premio come miglior regia al Festival di Cannes per il film Decision To Leave. Park Chan-wook ha oggi 60 anni ed è del segno zodiacale Vergine.

Non solo vendette, il cinema estrem(amente intenso) di Park Chan-Wook

A cura di Emanuele Sacchi

Il mondo, o buona parte di esso, lo ha conosciuto grazie a un polipo sbranato vivo e a un carrello orizzontale pieno di sangue. Ossia per due sequenze tra le molte scioccanti e rivoluzionarie di Oldboy, storia di una tragica vendetta che conduce a un ancor più tragico epilogo. Dove tragedia è da intendersi nel senso più alto del termine, quello ellenico di Sofocle e Euripide, in cui sono gli affetti più cari, i legami familiari, ad essere colpiti, o a colpire. Il mondo conosce così il talento visivo eversivo e borderline di uno dei capofila della Hallyu sudcoreana, quella new wave di registi che, a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Zero, trasforma una cinematografia distrutta dalla furia di un regime illiberale e dai suoi lasciti in uno dei movimenti artistici di maggiore risalto a livello mondiale, destinato a trascinare un'industria dell'intrattenimento al centro del panorama mondiale. Dopo aver sfiorato la Palma d'Oro nel 2004 e nel 2009, Park torna in concorso alla 69.ma edizione di Cannes con The Handmaiden.

Inizi difficili
L'inizio di carriera di Park Chan-wook da Seoul non è dei più semplici. Divenuto filmmaker dopo un'educazione cattolica e una susseguente folgorazione sulla via di Hitchcock, il debutto del 1992 The Moon is... the Sun's Dream - un gangster movie su una relazione impossibile, destinata a condannare i suoi protagonisti - e il successivo Trio (noto anche come Threesome, 1997) - storia tragicomica di una rapina di due disperati che si trasforma nella ricerca di un bambino - hanno un riscontro così scarso che Park deve arrotondare con una carriera di critico cinematografico pur di tenere vivo il fuoco della passione di cineasta.

JSA e quel maledetto parallelo
Dopo il cortometraggio Judgement, che mette in luce le idiosincrasie dei neo-capitalisti ingordi di Seoul, il terzo lungometraggio è quello della svolta: JSA - Joint Security Area (2002) affronta di petto il tabù per eccellenza della storia recente sudcoreana. Il fatidico 38° parallelo, che divide due Paesi tuttora in stato di guerra composti da un unico popolo, obbligati da vincoli invisibili a recitare, talora controvoglia, ruoli antitetici. Alla luce delle molte produzioni che si sono susseguite sulla cortina che separa le due Coree, risulta forse difficile comprendere pienamente l'impatto che ebbe il film nel 2000. Ma Park, che adatta il romanzo "DMZ" di Park Sang-yeon, è il primo a trovare il coraggio di far sedere allo stesso tavolo soldati del Nord e del Sud: il pubblico capisce e tributa al film un successo incredibile, con quasi 30 milioni di dollari di incasso al botteghino.

La vendetta ha inizio

Il successo di pubblico e di critica di JSA fornisce a Park gli strumenti e le possibilità per mettere in pratica la sua idea di cinema, tanto sul piano visivo che su quello narrativo. Su entrambi i fronti Park è uno sperimentatore, capace di adottare punti di vista insoliti per illustrare un mondo violento, stralunato, che ha smarrito i limiti di ciò che è lecito e ha reso oltremodo indistinto il confine tra bene e male. In Mr. vendetta due storie tragiche si intrecciano in un groviglio di morte: non vince nessuno, nello sconvolgente ritratto di un mondo che ha smarrito la speranza.

La Palma d'oro sfiorata
Tornando sul tema della vendetta, o meglio delle vendette, incrociate e reciproche, con Oldboy Park acquisisce una chiara connotazione d'autore, sinonimo di violenza efferata, rivelazioni tragiche e immagini destinate a rimanere indelebilmente impresse nella memoria. Dalla sequenza in cui un polipo viene sbranato vivo alle torture e mutilazioni in serie che seguono, Oldboy è una escalation di violenza che è come fosse pilotata dai fili invisibili di un architetto del male. Il palcoscenico del Festival di Cannes, che ospita l'opera in concorso, porta Park fin quasi a una sorprendente Palma d'Oro, ma l'entusiasmo del Presidente della Giuria Quentin Tarantino riesce a fruttare al film "solo" il Gran Premio della Giuria.

Prestigio internazionale e prime accuse di manierismo
Dopo il trionfo di critica e il lusinghiero riscontro presso il pubblico di Oldboy, Park diviene uno degli autori più attesi e celebrati del momento. Quando il terzo e ultimo capitolo di quella che viene ribattezzata "la trilogia della vendetta" approda alla Mostra del Cinema di Venezia, Park è già una presenza quasi scontata del Concorso. Oltre a vantare titoli di testa tra i migliori del cinema recente, Lady Vendetta ribadisce il talento visivo di un autore capace di regalare inquadrature memorabili e per nulla ovvie in quasi ogni sequenza. Rispetto ai due predecessori, la vendetta al femminile di Geum-ja dosa forse meno bene il cospicuo minutaggio del film e lascia intravedere una ricerca insistita dello choc etico e un eccesso di sensazionalismo.

Horror psicologico e curiosità
Nonostante il manierismo profuso nell'episodio da lui diretto dell'omnibus horror Three... Extremes, restano assai in pochi coloro che sollevano critiche all'operato di Park Chan-wook, almeno finché non esce I'm a Cyborg But That's OK (2007). La romantica storia d'amore tra due pazienti di un ospedale psichiatrico, sospesa tra lirismo e surrealtà e debitrice tanto di Amélie che del mondo di Tim Burton, convince parte della critica ma non il pubblico, costituendo il primo sostanziale flop di Park dopo una serie di successi. Due anni più tardi il regista torna a Cannes e si aggiudica il Premio della Giuria per Thirst: una storia di vampiri e insieme di passione sessuale che racconta l'orrore dell'esistenza terrena in chiave di horror soprannaturale. Una riflessione sul senso di colpa e sul libero arbitrio, che affonda le sue radici nell'educazione cattolica di Park. I demoni sono finalmente pronti per essere affrontati.

Esperimenti ed esperienze in Occidente
Nel 2011 Park è uno dei primi a utilizzare un iPhone per girare un film: è l'horror Night Fishing, realizzato insieme al fratello Park Chan-kyong, che gli varrà l'Orso d'Oro per il miglior Cortometraggio a Berlino. Due anni dopo, e dopo aver passato la mano sulla regia de La talpa, Park è pronto a girare a Hollywood con Mia Wasikowska e Nicole Kidman nei panni delle protagoniste. Lo script di Stoker, scritto da Wentworth Miller, è perfetto per le sue corde: storia di una famiglia lacerata da un odio che cresce sottopelle, per poi deflagrare in una violenza che sa di inevitabilità.

Ritorno a casa (e a Cannes)
Stoker convince la critica e rappresenta un'eccezione in un panorama perlopiù fallimentare di esperienze hollywoodiane per i registi dell'Estremo Oriente. Resta occidentale la fonte di ispirazione per l'opera successiva: si tratta di Fingersmith di Sarah Waters. Ancora una volta al centro c'è una famiglia e ci sono dei segreti. Ancora una volta lo sconvolgimento dell'equilibrio passerà dalla violenza. Park trasferisce la vicenda nella Corea occupata dai giapponesi prima della seconda guerra mondiale e torna in concorso a Cannes, dove la fortuna gli ha sempre arriso.
Dopo Mademoiselle (2016), dirige la serie thriller La tamburina e nel 2022 vince il premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes con Decision to leave.

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Drammatico, (USA, Gran Bretagna - 2013), 100 min.

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lunedì 31 maggio 2021
Emanuele Sacchi

Torna al cinema Old Boy - in sala dal 9 giugno con Lucky Red -, il film che ha fatto conoscere Park Chan-wook al grande pubblico. Il mondo, o buona parte di esso, lo ha conosciuto grazie a un polipo sbranato vivo e a un carrello orizzontale pieno di sangue. Ossia per due sequenze tra le molte scioccanti e rivoluzionarie di Oldboy, storia di una tragica vendetta che conduce a un ancor più tragico epilogo

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