Dopo avere esordito nel cinema come aiuto regista nei primi anni Quaranta, nel 1948 si mise in luce come documentarista, girando alcuni cortometraggi diretti in collaborazione con Leonardo Sinisgalli. Ciò gli valse notevoli riconoscimenti e lo impose come uno dei migliori documentaristi di quegli anni, sia per la perizia tecnica, che per il rigore dell'informazione e lo stile della regia. Passò al lungometraggio nel 1955 con un film di contenuto religioso, Il figlio dell'uomo. L'opera, purtroppo ormai dimenticata, si presentava come un esperimento di film sulla vita di Cristo, forse solo parzialmente riuscito, ma comunque interessante, lontano da ogni scopo commerciale e animato da uno spirito decisamente anticonformista. Nel 1958 Sabel fu l'autore del soggetto di un buon film di fantascienza di Paolo Heusch, La morte viene dallo spazio. Fra il 1963 e il 1964 girò due film-inchiesta: il primo aveva come argomento un'indagine sull'amore in Italia (In Italia si chiama amore, 1963) e non mancava di alcune interessanti ed acute osservazioni sui costumi sessuali italiani e sulla loro evoluzione dagli anni Cinquanta in poi; in secondo, Nude, calde e pure (1964), poneva in primo piano la differenza fra il modo di considerare la sessualità nel mondo europeo e in quello della Polinesia, tuttora considerata, in quegli anni, uno degli ultimi "paradisi". Sabel lavorò anche per la televisione, distinguendosi per la qualità di alcune sue inchieste, fra le quali una di particolare interesse socio-culturale: Muore con i dialetti una parte di noi.