Entrato diciottenne nel cinema come assistente operatore, dopo un breve apprendistato in alcuni film girati durante la guerra, nel 1946 fu scelto come operatore per il film Addio, mia bella Napoli, con il regista Mario Bonnard. In seguito, affiancò all'attività di operatore (ricordiamo in proposito La fiamma che non si spegne del 1949, con la regia di Vittorio Cottafavi) quella di direttore della fotografia, che svolse fino al 1965. In questa attività egli dimostrò grande accuratezza ed eccellenti qualità tecniche, tanto che la bellezza del suo bianco e nero, degna di migliori soggetti, può riscattare, almeno in parte, il modesto livello artistico dei numerosi film a cui lavorò. Nel 1966 decise di dedicarsi alla regia, nella quale si impegnò fino al 1985, celando spesso la sua identità sotto vari pseudonimi; esordì con un film di cui era anche soggettista, sceneggiatore e organizzatore generale, Supercolpo da 7 miliardi; ad esso fece seguito, nel 1967, Goldface, il fantastico superman, del quale curò la scenografia. Seguirono poi una ventina di opere di vario genere e di diverso valore, alcune delle quali ebbero un enorme successo di cassetta. Discontinuo nel livello artistico, Albertini mantenne sempre in ogni suo film una grande professionalità ed un'attentissima cura formale, presenti perfino in opere per altri aspetti decisamente volgari e bassamente commerciali. Fra queste, Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno, girato nel 1971 ed appartenente ad un genere molto in voga negli anni Settanta, il così detto "filone decamerotico", di pretesa ispirazione boccaccesca, e la trilogia di Emanuelle, uscita fra il 1975 e il 1976 (Emanuelle nera, Emanuelle nera 2, Il mondo dei sensi di Emy Wong), che fece registrare incassi miliardari.