Soprannominata "The Girl with the Bee Stung Lips" ("La ragazza dalle labbra a puntura d'ape"), vista la carnosità della sua bocca, Mae Murray è stata una delle più grandi dive del cinema muto hollywoodiano. Figli di immigrati, studiò danza sin da piccola. Cominciò la sua carriera nel 1906, come ballerina al fianco di Vernon Castle, nello spettacolo teatrale About Town, che a Broadway riscosse un enorme successo. Due anni dopo venne scritturata come ballerina di fila nelle "Ziegfeld Follies", ma in breve tempo si dimostrò talmente abile ed elegante, da divenire prima ballerina, nel 1915. Con la famosa compagnia di Ziegfeld girò l'intera America, ed arrivò persino a Parigi. La sua bellezza intrigante ed esotica, accentuata da una crespa chioma bionda, la fece notare del cinema che la scritturò per To Have and to Hold (1916) con Wallace Reid. In breve tempo divenne una star della MGM, che in due film la accoppiò al divo maschile per eccellenza di quel periodo, Rodolfo Valentino. Molti dei suoi film - scritti e prodotti dal suo terzo marito, il regista Robert Z. Leonard - contenevano numeri di danza pensati appositamente per lei. Il film migliore a cui prese parte è stato senz'altro The Merry Widow (La vedova allegra, 1925) di Erich von Stroheim, una intenso e crudo dramma sentimentale che la vede al fianco di un partner d'eccezione, quale John Gilbert. Sposata e divorziata quattro volte, la carriera di Mae Murray terminò con l'avvento del sonoro, dato che la sua voce mal s'adattava al nuovo mezzo. Il suo ultimo matrimonio col principe David Mdivani, nel 1926, incise negativamente sulla sua già scricchiolante carriera cinematografica. Infatti l'attrice permise all'uomo di immischiarsi nella sua carriera; al suo cattivo consiglio di lasciare la MGM, lei, sventata, convenne, e abbandonò lo Studio. Dal loro matrimonio era nato un bambino che purtroppo, quando i due divorziarono nel 1933, venne affidato al padre. Mae Murray rimase distrutta da ciò, e visse per molti anni in modo disordinato e senza il becco d'un quattrino. Nel 1959 collaborò alla stesura della sua biografia, e finì i suoi giorni, dimenticata, in un ospizio per gente del cinema. Fino alla fine sostenne che «quando si diventa una stella, si rimane sempre una stella».