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Georg Wilhelm Pabst

Georg Wilhelm Pabst. Data di nascita 25 agosto 1885 a Radnice (Repubblica ceca) ed è morto il 29 maggio 1967 all'età di 81 anni a Vienna (Austria).
Nel 1948 ha ricevuto il premio come miglior regia al Festival di Venezia per il film Il processo [1].

Pabst cominciò a lavorare come attore teatrale a Vienna, ma tra il 1910 e il 1914 visse per cinque anni a New York, dove allestì anche alcuni spettacoli; al ritorno in Europa passò quattro anni in un campo di prigionia in Francia, e alla fine della guerra tornò a Vienna nelle vesti di regista teatrale e mise in scena diversi drammi espressionisti. Esordì nella regia cinematografica nel 1923 con Der Schatz, un film interpretato da Werner Krauss fra i cui simboli compaiono già il sesso e il denaro, ma il film che lo rivelò fu La via senza gioia (1925) con due dive come Asta Nielsen e Greta Garbo, un film che, pur influenzato dell'espressionismo, metteva in luce un modo nuovo di intendere il cinema, più realistico e più psicologico con sconfinamenti nella psicanalisi. Dei suoi film successivi, Il giglio nelle tenebre (Die Liebe Der Jeanne Ney, 1927, dal romanzo di Grenburg, sull'idillio fra una borghese francese e un comunista russo) fu la sua prima totale concessione al romanticismo, interpretato - come anche Crisi - da un'intensa Brigitte Helm, cosa che confermò la sua capacità di portare le grandi attrici del tempo alla loro massima capacità espressiva. La sua cosiddetta 'trilogia sessuale' iniziò con Abwege, proseguì con Die Buchse Der Pandora (1929), tratto dalla tragedia di Wedekind, che presentava Louise Brooks nei panni della fatale Lulu, ascesa dai bassifondi alla borghesia, e si concluse con Il diario di una donna perduta (Das Tagebuch Einer Verlorenen, 1929), storia commovente di una giovane (Louise Brooks) che, sedotta da un garzone di suo padre, mette al mondo un bambino. La trilogia sessuale è tutta fondata sui contrasti: l'inerzia delle protagoniste che si traduce in dramma truculento per effetto della deriva del destino; il realismo d'ambientazione e il romanticismo dell'azione; l'oggettività del tema e l'espressionismo delle scenografie; la psicanalisi e gli stereotipi ripugnanti; l'adozione di temi scabrosi e la citazione di generi classici di Hollywood, il melodramma (suicidio per amore) e la commedia (lieto fine).
In seguito Pabst realizza la cosiddetta 'trilogia sociale' che si compone di Westfront 1918, che dà un vigoroso quadro dell'ultimo anno di guerra con scene terrificanti; de L'opera da tre soldi (Dreigroschenoper, 1931), spiritosa evocazione del mondo degli straccioni dell'europa romantica che fu osteggiata da Brecht, e de La tragedia della miniera (Kameradschaft, 1931). Dopo aver diretto un Atlantide (1932), onirico remake di Ryder, all'avvento del nazismo Pabst riparò in Francia, dove diresse Don Quichotte (1933), esercizio figurativo e ripiegamento definitivo nel fantastico, e anche il giallo spionistico Mademoiselle Docteur (1936), confermandosi regista problematico, ricco di impulsi e di intuizioni, con un fortissimo senso del ritmo e rare capacità visive. Dopo l'avvento del nazismo, per motivi mai del tutto chiariti, Pabst rientrò in Germania, dove seguitò la sua attività non sgradita ai nuovi padroni della Germania, pur evitando di girare film di aperta propaganda del regime. L'ultima sua opera di rilievo fu Il processo (1947), dove prende le difese dei diritti delle minoranze etniche sulla scorta di una vicenda accaduta in una comunità ebraica in Ungheria all'inizio dell'Ottocento. Nei film successivi, La voce del silenzio (1953), Accadde il 20 luglio (1955) e L'ultimo atto (1955) sulle vicende finali del nazismo, sembra smarrire la sua vena migliore.

Ultimi film

Drammatico, (Germania - 1955), 92 min.
Comico, (Italia - 1953), 90 min.
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