Nato nel 1955 nella San Francisco che sarebbe poi diventata la città dell'amore libero e del movimento hippy solo una decade dopo, inevitabilmente influenzato da quelle idee e dallo spiritualismo di quel movimento (tanto da definirsi, anni dopo, più un hippy che un nerd), Steve Jobs comincia a lavorare nell'informatica a 12 anni quando rimedia un impiego estivo alla Hewlett Packard, dalla quale si era fatto notare per aver richiesto pezzi di ricambio per un frequenzimetro.
Affascinato dagli stabilimenti HP e dalla loro etica interna, il piccolo Steve Jobs continua a coltivare la passione per la tecnologia attraverso i più classici metodi poco ortodossi dell'hacking, o almeno di quel che l'hacking era negli anni '70.
A 18 anni con l'amico Steve Wozniack coltiva l'idea di un computer che sia personale, comincia a fabbricarlo e dopo il primo prototipo, senza schermo, in legno e assemblabile dal cliente stesso (Apple I), trova i fondi per una produzione di scala. L'Apple II è il primo vero personal computer e la pietra fondante dell'impero Apple, una compagnia promettente ma inizialmente sconclusionata e confusa, animata da diverse spinte e costellata da trionfi (il Macintosh del 1984, il primo computer per il grande pubblico con un'interfaccia ad icone) e sconfitte clamorose. Dentro ci sono uomini d'affari come artisti votati all'informatica, manager che hanno il mito della Sony di Akio Morita (compagnia che all'epoca era all'avanguardia per audacia e creatività) come Steve Jobs al pari di burocrati. Proprio dai burocrati la personalità ingombrante di Steve Jobs viene presto estromessa dalla società.
È solo il 1985, Jobs ha cambiato il volto dell'informatica per le persone comuni, ha 30 anni ed è fuori dall'azienda che ha creato. Per i 10 anni successivi si dedicherà ad altro. A NeXt una nuova compagnia tecnologica e ad un progetto nell'ambito cinematografico, un distaccamento della Industrial Light And Magic di George Lucas, specializzato in animazione computerizzata: la Pixar. Con lui questa diventerà un colosso dell'animazione tout court.
Nel 1997, una Apple alla canna del gas lo richiama, prima per acquistare il sistema operativo della sua NeXt, poi per averlo come consulente e infine, un anno dopo, come amministratore provvisorio con stipendio simbolico di un dollaro al mese. Jobs ripagherà la sua vecchia creatura assumendo il designer Jonathan Ive, con il quale ricomincerà ad applicare la sua visione fatta di tecnologia al servizio del design. Prima l'iMac, trasparente e colorato, poi i MacBook con la mela in bella vista, un modello di lettore mp3 (l'iPod) e un software che venda brani musicali legalmente (iTunes). Sembrano passati decenni invece è solo il 2003, Steve Jobs è a capo della Apple da 6 anni e le sue azioni sono schizzate, tutti guardano alla società come un modello e le sue invenzioni dettano la linea. Eppure il meglio deve ancora venire.
L'iPhone prima e l'iPad dopo rivoluzionano l'approccio con la rete in mobilità e in casa, internet diventa qualcosa da toccare, sorpassando i concetti di tastiera e mouse (quest'ultimo introdotto a suo tempo da Jobs stesso). Tutte le altre aziende imitano.
Tredici anni di gestione che vengono consumati come un incendio di idee e progetti, come se li avesse accumulati negli anni di esilio.
Tutto questo ha però un termine. Nel 2011 dopo una lunga malattia che l'aveva consumato fisicamente e dalla quale aveva provato diverse volte a curarsi senza successo, Steve Jobs muore per le conseguenze di un trapianto di pancreas dovuto ad un tumore.